Prigionieri

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falisca.
00mercoledì 24 aprile 2013 20:05
Forse non molti sanno che il principale crocevia per il rientro in patria degli ormai ex prigionieri di guerra fu Trieste.
Trieste fu un nodo importantissimo per gli scambi e per il suo porto allora tecnologicamente all’avanguardia, era collegata con il resto dell’impero da modernissime reti ferroviarie.
Dai primi giorni del novembre 1918 divenne il principale crocevia per il rientro degli ex prigionieri di guerra che arrivarono principalmente via treno e via mare.
Iniziarono ad arrivare navi cariche di migliaia di prigionieri allo stremo delle forse e interi convogli ferroviari.
Le autorità appena instauratesi nella città vennero colte di sorpresa da un tale flusso di prigionieri che arrivarono a sommare in certi momenti le 150000 presenze con tutti i problemi che un tale numero di persone poteva rappresentare per una città relativamente piccola, oltretutto, una grandissima parte di queste prigionieri si trovava in uno stato di forte debilitazione dovuta soprattutto alla malnutrizione oltre che per malattie più o meno gravi e con vestiario inadeguato.
La soluzione fu quella di rinchiuderli nel porto dove rimasero in balìa di se stessi in attesa che si organizzasse il rientro ai propri reparti di appartenenza.
Documenti ufficiali dimostrano come venissero richiesti ufficiali particolarmente “energici” e reparti di bersaglieri armati di mitragliatrici con il compito di mantenere l’ordine.
Il transito di questa immane folla di affamati fu ulteriormente rallentato dagli addetti all’intelligence che reputavano prioritario raccogliere testimonianze per fare chiarezza e magari trovare dei responsabili per i fatti di Caporetto o comunque dei disertori.
Molti triestini che avrebbero voluto aiutare questa torma di disgraziati gettando del cibo o qualche indumento al di là del muro di cinta del porto, venivano mantenuti a dovuta distanza da un cordone di militari, molti anziani ricordano ancora i racconti dei genitori su questi fatti, invocazioni di aiuto e lamenti di sofferenza provenivano dall’altra parte del muro e si parlava di un numero impressionante di morti per fame e per il freddo. Di tutto questo non si seppe mai nulla e tutto fu accuratamente tenuto nascosto all’opinione pubblica.
All’interno del porto nel frattempo succedeva il finimondo: i magazzini e le aziende che si trovavano al suo interno vennero presi d’assalto dagli affamati, che rubarono tutto quello che vi trovarono di commestibile e tutto il vestiario o stoffa che avrebbe potuto ripararli dal freddo, mentre legnami e mobili d’ufficio venivano dati alle fiamme per scaldarsi.
L’ospedale Maggiore traboccava di ammalati, ma nonostante le richieste urgentissime i reparti di sanità iniziarono ad arrivare solo dopo diversi giorni, durante l’emergenza il personale “austriaco” si prodigò facendo quello che poteva, in assenza pressoché totale di medicinali.
Avendo superato abbondantemente il numero di malati ricoverabili presso gli ospedali vennero requisiti appartamenti privati, soprattutto per ricoverarvi i malati contagiosi, ma rimaneva grave la penuria di personale medico e infermieristico e di medicinali.

Qualche accenno si trova nei libri: Da Venezia a Venezia di Giulio Bazini e su Diario di un fante di Luigi Gasparotto, ma nulla che lasci capire veramente la portata di questo dramma dimenticato o forse…cancellato.




Giulio Bazini

Luigi Gasparotto




















Fabry_78
00mercoledì 24 aprile 2013 20:30
Gran bel post Sergio! Complimenti e grazie! [SM=g2467360]

giappy50
00mercoledì 24 aprile 2013 21:21
Interessantissima documentazione su fatti pochissimo conosciuti.
Che il capitano Piero Pieri che ha firmato il fonogramma dell'8.11.1918 sia lo storico?

Gianpietro
sdo125
00giovedì 25 aprile 2013 08:28
Complimenti Sergio, mia madre e i genitori di mia madre sono di Trieste ma mai avevo sentito parlare di questi fatti. Grazie per averli riportati alla luce!
Sergio
giappy50
00giovedì 25 aprile 2013 09:50
Che fine hanno fatto i morti? In quel periodo anche la cittadinanza di Trieste era falcidiata dalla spagnola e il cimitero di Sant'Anna doveva essere piuttosto affollato. Per loro dovrebbe essere stato realizzato un settore particolare. Forse fosse comuni? Strano che, per quanto ne sappia, non sia rimasta memoria della loro sepoltura.
Gianpietro
Max D.K.
00giovedì 25 aprile 2013 11:00
Il trattamento ricevuto dai soldati rientrati dalla prigionia era voluto così perchè il Comando Supremo ed il Governo Italiano consideravano questi soldati dei traditori che si erano arresi agli austro-tedeschi nei tragici giorni di Caporetto. Bisognava far dimenticare il prima possibile tutta la faccenda.
Mi sembra emblematico sia il siluramento di Cadorna, fatto passare per una promozione, e la negazione del fatto che il Comando Supremo (leggi Regio Esercito) sapeva che i fatti di Caporetto sarebbero avvenuti. Il tutto fu fatto passare poi dicendo che "nessuno sapeva", così molti "alti papaveri" del Regio Esercito si pararono il c..o.
Ho letto da qualche parte che a Trieste, dal novembre 1918 in avanti, c'erano diversi Ospedali Militari che operavano, alcuni anche allocati in alcune scuole. Purtroppo non ho mai trovato un elenco degli Ospedali che continuarono ad operare dopo il mese di novembre 1918. Mi piacerebbe trovare l'elenco di tutti questi Ospedali con le località e le date, per poter completare la mia ricerca.

Saluti.

Ofi
00giovedì 25 aprile 2013 11:09

si parlava di un numero impressionante di morti per fame e per il freddo.



Sicuramente ci sarà chi è in grado di comprendere e spiegare dal punto di vista storico quanto emerge da queste testimonianze.
Qualcuno dirà anche che, considerato il contesto, non c’erano soluzioni alternative.

Ma se mi metto nei panni di chi ha subito una simile esperienza, faccio fatica a capire:

Da giugno 1915 a ottobre 1917 sono sopravvissuto agli assalti suicidi cui mi hanno obbligato sul Carso.
A fine ottobre - inizio novembre 1917 sono sopravvissuto al micidiale sfondamento avversario.
Per un anno che sembrava non finisse mai sono sopravvissuto alla fame, agli stenti e alle malattie della prigionia in qualche campo sparso per l’Europa.

Qual è stata la mia colpa? Quella di essere sopravvissuto?
Perché devo morire quando l’incubo è finito e sono a un passo dalla libertà?
Perché mentre lotto - ancora una volta - contro fame, stenti e malattie sono controllato a vista, con le armi spianate, da soldati che indossano la mia stessa divisa?


Grazie Sergio per aver aperto uno squarcio su questo pezzo di storia.
Nulla di strano che questa vicenda non abbia mai avuto il giusto risalto: una pagina del genere getta un’ombra imbarazzante sulla retorica della vittoria.
falisca.
00giovedì 25 aprile 2013 13:24
Re:
giappy50, 25/04/2013 09:50:

Che fine hanno fatto i morti? In quel periodo anche la cittadinanza di Trieste era falcidiata dalla spagnola e il cimitero di Sant'Anna doveva essere piuttosto affollato. Per loro dovrebbe essere stato realizzato un settore particolare. Forse fosse comuni? Strano che, per quanto ne sappia, non sia rimasta memoria della loro sepoltura.
Gianpietro



Caro Gianpietro, è quello che incuriosisce anche me, ma tutto sembra sparito, volatilizzato....nessun elenco, nessun luogo di sepoltura, nente di niente.

X Max,

a quali ospedali ti rriferisci? Quelli di Trieste sono noti, il Maggiore e quello Militare all'inizio di Via Fabio Severo, anche a Opicina secondo me c'era un ospedale AU vicino a dove ore si trova il centro civico.
Per i fatti di Caporetto meglio attenersi a fonti ufficiali piuttosto che agli scoop di scrittori che prima di scrivere il libro avevano già deciso cosa voler dimostrare... il suo nome te lo mando in privato se vuoi. [SM=g7349]


Mauro A.
00giovedì 25 aprile 2013 17:45
Questa e' un'altra pagina molto triste di quella guerra, dove quei prigionieri credevano che finita la guerra tutto fosse finito in bene per loro e invece per molti non fu cosi.
Sergio ha fornito un ottima testimonianza di quei giorni a Trieste.
Posso aggiungere che visto le mie ricerche che faccio di tanto in tanto sui caduti, molti sono sepolti a Redipuglia, ecco perche' ognu tanto si trovano alpini o reparti che con il carso non avevano nulla a che fare.
Altri erano stati sepolti sempre nel cimitero di San'anna ma in quello militare di via della pace sotto a quello israelitico. Mi ricordo perche' in via provvisoria anni fa fu sepolto mio nonno e vidi tante tombe di soldati italiani morti nei mesi di Novembre e dicembre del 18.
Non ricordo di fosse comuni pero' non lo escluderei.

Mauro
Max D.K.
00giovedì 25 aprile 2013 18:07
X Sergio

Ora non ricordo dove ho letto questa notizia degli ospedali Militari a Trieste, ma ricordo che veniva citato il numero di un Ospedale, che operava in una scuola elementare, che nell'elenco degli Ospedali che ho fotografato all'USSME di Roma non risulta, e penso che alcuni Ospedali vennero creati apposta per accogliere gli ex prigionieri prima di mandarli nei centri di raccolta, sparsi in Italia, prima di essere congedati definitivamente.

Saluti.

falisca.
00giovedì 25 aprile 2013 18:37
Più che ai centri di raccolta venivano inviati al proprio reggimento.
Agli ex prigionieri fu ordinato di non ritornare con mezzi propri e appena rientrati in Italia di prendere contatto con le autorità militari che avrebbero provveduto alla continuazione del viaggio.
La maggior parte dei viaggi avvenne via mare, i più grossi centri di smistamento erano Ancona e Bari, pochissimi i rientri in treno nel primo periodo, questo causò ritardi notevoli che per molti uomini significò morire.
falisca.
00giovedì 25 aprile 2013 20:42
Ancora qualche documento:





























falisca.
00giovedì 25 aprile 2013 20:44
Ancora qualche documento:





























falisca.
00giovedì 25 aprile 2013 20:45
Ancora qualche documento:












falisca.
00giovedì 25 aprile 2013 20:48
Ancora qualche documento:































piz49
00giovedì 25 aprile 2013 22:30
Grazie Sergio
Giorgio [SM=g7372] [SM=g2467356] [SM=g2579694]
Capitantrinchetto
00venerdì 26 aprile 2013 11:38
Mi hai dato da leggere e riflettere.
Grazie Sergio!
Lagoscuro
00domenica 28 aprile 2013 21:18
Argomento interessantissimo;
il solo pensiero che combattenti siano stati lasciare morire di stenti dopo che erano rientrati in patria (la LORO PATRIA) è sconvolgente.
Secondo me questi soldati meritano gli stessi onori riservati ai caduti in combattimento.


Fabrizio
Ofi
00lunedì 29 aprile 2013 14:17
Dal libro di Lucio Fabi Viva il fascio e l’acqua calda, Stampa&Storia, Monfalcone 2011, p. 57:

Umberto Tommasini, il noto “anarchico triestino" scomparso negli anni Ottanta il cui ricordo è ancora ben vivo nei tanti che l’hanno conosciuto, racconta com’era Trieste in quei giorni:
«A Trieste, là i li ga chiusi nel Porto Franco, morti de fame e de fredo. No’ i ghe dava gnente, con calcolo! Iera punizion perché iera quasi tuti prigionieri de Caporeto e i italiani li lassava morir de fame! [...] A Trieste tuti i veci se ricorda de ‘sta tragedia. La gente passava de là, ghe butava dentro qualche toco de polenta...»
Max D.K.
00lunedì 29 aprile 2013 15:48
Esattamente come dicevo qualche post fa, erano considerati dei traditori e se non li aveva uccisi la prigionia li doveva uccidere la fame .... nella propria PATRIA !!!!

Saluti.

Estor delle Paludi
00lunedì 29 aprile 2013 21:54
L'assurdo di tutta la vicenda è che avvenne tutto alla luce del sole, tutti sapevano, anche l'opinione pubblica. I prigionieri subirono quel trattamento perchè molti, non solo esponenti del governo, erano convinti che si trattava di elementi pericolosi e che dovevano pagare la loro "codardia". Non se ne vergognarono, non tentarono nemmeno di tenere la cosa "segreta", tanto erano convinti di avere a che fare con gente pericolosa, "bolscevica" e traditori.
Nel parlamento era una battaglia continua, il 24 novembre il gruppo parlamentare socialista presentò un ordine del giorno nel quale si invitava il Governo a intervenire per accertare le responsabilità di quel trattamento “in modo da assicurare loro un trattamento umano e dignitoso ed un sollecito ritorno nel seno delle loro famiglie”. Scazzottate!

Il 30 novembre l’Avanti ironizza a tutta pagina:
“Per evitare che si ammalino o facciano ammalare gli altri, il governo li lascia morire”.

Filippo Turati, il 2 dicembre 1918 si sfoga con Anna Kuliscioff:
“Ora ciò che fa più fremere è il trattamento fatto ai nostri prigionieri reduci, su di che ho presentato una interrogazione e domani parlerò ad Orlando. Questo infierire idiota su quegli sventurati è una suprema ignomia”.

Non c'era verso di smuoverli, erano convinti che si trattasse di elementi pericolosi e quantomeno traditori!
Solo dopo molti mesi il Popolo d'Italia ammise: " ... poi si accorsero che erano soltanto della povera gente innocua, esausta dai patimenti, la quale chiedeva solo un po' di giustizia e l'onore immeritatamente perduto". Troppo tardi signori.

falisca.
00lunedì 29 aprile 2013 23:26
Re:
Max D.K., 29/04/2013 15:48:

Esattamente come dicevo qualche post fa, erano considerati dei traditori e se non li aveva uccisi la prigionia li doveva uccidere la fame .... nella propria PATRIA !!!!

Saluti.




Sì, oppure li doveva uccidere la propria patria ..... con la fame.

Dipende dai punti di vista.


Estor delle Paludi
00lunedì 29 aprile 2013 23:45
Forse è meglio fermarsi al "traditori", altrimenti dovremmo entrare in un campo minato, quello della politica e non è il caso.
Ma "loro" se la facevano sotto, letteralmente, temendo che i prigionieri buttassero su in quattro e quattrotto una rivoluzione di rosso colore. Non avevano forse disertato a causa delle sirene rivoluzionarie?
Avoglia a discutere, il nocciolo è tutto lì, del tradimento in se per se non interessava, interessava il motivo del tradimento (secondo la visione di allora). La questione prigionieri è stato solo un antipasto, neanche tanto cruento rispetto al poi.
Ma è off-topic. Amen.
ronco78
00lunedì 29 aprile 2013 23:52
Re: Re:
falisca., 29/04/2013 23:26:



Sì, oppure li doveva uccidere la propria patria ..... con la fame.

Dipende dai punti di vista.





...quasi che lo scopo principe ed unico della guerra fosse l'eliminazione fisica di quanti più soldati ( propri ) possibile.
Dopo le ondate sul carso, le fucilazioni sommarie e il boicottaggio dei ( sempre propri ) prigionieri in barba a qualsaisi convenzione, il colpo di coda dell'abbandono nei porti e sui treni merci nelle stazioni, giusto per chiudere in bellezza...( Salsa docet )

saluti
ronco
falisca.
00martedì 30 aprile 2013 09:59
Se ne era parlato di un disegno atto ad eliminare una certa classe che iniziava a reclamare i propri diritti... questo caso non fa una piega in quell'ottica, se poi la scusa era che si trattava di traditori e disertori, tutto più facile e meno criticabile.
Max D.K.
00martedì 30 aprile 2013 10:47
Non per giustificare, ma non dimentichiamoci che subito dopo la fine della guerra (all'inizio del 1919 se non ricordo male), in Italia si cominciò a parlare di "Vittoria mutilata" per via del trattamento subito dalla delegazione italiana al tavolo della pace di Parigi. In Italia si rischiò la rivoluzione ed è forse per questo che quei poveri "disgraziati" vennero trattati così, forse si voleva far gravare su di loro anche questo peso.

Saluti.

Ofi
00martedì 30 aprile 2013 10:56

( Salsa docet )



“Ecco la prima città di pace: Padova.
Ci abbracciamo, col cuore impazzito, mentre il treno romba irrompendo nella stazione deserta.
«Siamo in Italia! Italia! Viva l’Italia».
Scorgo, fuori dei finestrini, le baionette dei soldati che c’impediscono di scendere.”

Mi è venuto in mente il finale del libro di Salsa guardando questo documentario che ho già proposto in un’altra discussione, ma che mi sembra che qui capiti proprio a fagiolo...

Il filmato è stato girato nel 1919 alla stazione di Wetzlar e riprende un contingente di prigionieri di guerra tedeschi che rientrano dalla Francia.
Questi uomini che dopo il carnaio del fronte occidentale hanno conosciuto i drammi e le privazioni dei campi di prigionia, trovano ad accoglierli la banda militare, donne sorridenti che gli porgono un fiore, una cucina da campo che li ristora dopo il viaggio.
E una scritta: “Missione compiuta”.

Propaganda? Secondo me no: non c’è nessuna vittoria da celebrare, tutto sommato i soldati ripresi incarnano una sconfitta. Più semplicemente questo filmato documenta una festa. Al confronto, le vicende di Trieste diventano ancor più tristi e vergognose.

Forse il paragone fra le due realtà è un po’ azzardato.
E’ giusto ricordare infatti che questi tedeschi rientravano dalla Francia, una nazione che era uscita dal conflitto vittoriosa, e che ha così potuto organizzare il rilascio dei prigionieri con un certo criterio, a scaglioni, sulla base delle proprie esigenze di convenienza.
Gli italiani invece rientravano da un impero in pieno disfacimento. Immagino che per chi aveva perso la guerra non ci siano state alternative all’aprire le porte dei campi senza possibilità di gestire il rilascio. Questo “tutti a casa” ha probabilmente generato il drammatico intasamento di Trieste.
In ogni caso, è altrettanto giusto sottolineare che potendo e - soprattutto - “volendo” (quoto completamente quanto affermato da Estor), l’accoglienza riservata agli ex prigionieri italiani poteva essere molto diversa da quella testimoniata da questa brutta pagina di storia.



Il filmato si intitola “Unsere heimkehrenden Kriegsgefangenen, Wetzlar 1919” ed è stato realizzato da Oskar Barnack, che in seguito diventerà famoso come inventore della fotocamera “Leica”.
Estor delle Paludi
00martedì 30 aprile 2013 14:27
Re:
Ofi, 30/04/2013 10:56:




Gli italiani invece rientravano da un impero in pieno disfacimento. Immagino che per chi aveva perso la guerra non ci siano state alternative all’aprire le porte dei campi senza possibilità di gestire il rilascio. Questo “tutti a casa” ha probabilmente generato il drammatico intasamento di Trieste.
In ogni caso, l’accoglienza riservata agli ex prigionieri italiani poteva essere molto diversa



E' vero Ofi, ci fu anche questo. Integro con due cosette:

L’8 novembre il generale Scipioni telegrafava a Diaz:
“Contrariamente a quanto era stato tassitavamente stabilito dalle clausole dell’armistizio, L’Austria-Ungheria anziché avviare in luoghi stabiliti e a scaglioni successivi i prigionieri, li ha lasciati liberi contemporaneamente tutti rovesciandoli in estrema confusione”.

Però, insomma, i prigionieri italiani varcando la frontiera non avevano trovano nessuna forma di assistenza. Si era pensato solo agli aspetti disciplinari e all’isolamento, ma non ad un minimo di sussistenza.

In fin dei conti non era una “sorpresa”. Infatti il 24 novembre il solito "Avanti" sottolinea questo aspetto:

Accusano L’Austria e la Germania di essersi volute liberare troppo in fretta dei nostri prigionieri per metterci in imbarazzo, come se non sapessero che in Austria e in Germania si moriva di fame, e che i nostri nemici smaniavano di disfarsi del peso troppo grave di un vettovagliamento che per esiguo e insufficiente che fosse era pur sempre sottratto ai loro bisogni.
Estor delle Paludi
00martedì 30 aprile 2013 14:56
I PIRATI IN TACCHI A SPILLO

Arrivo di una nave di prigionieri a Trieste.

In L’odissea dei prigionieri - Lettera inviata all'Avanti, pubblicata il 26 novembre.

Visto che le ore passavano e non si vedeva nulla di nulla, cominciammo a protestare, a urlare. La sirena del piroscafo chiamava invano soccorso; chiese, a mezzo segnali fatti con le bandiere, di parlare col Comando di terra, senza ottenere alcuna risposta.
Allora i reduci, stanchi di attendere, avevano cominciato a calare in acqua le lance per scendere a terra. Ma a quel punto l'intervento era stato immediato. Poco dopo arrivarono due o tre colonnelli con canotti, automobili e tre lance armate di mitragliatrici e circondarono la nostra nave, come se invece di una nave di prigionieri si trattasse di una nave di pirati.
Finalmente verso sera ci fecero sbarcare in un'isola, ci diedero una pagnotta e una scatoletta di carne e ci fecero dormire all'aperto. Giova notare che molti giunti in Italia gettarono la camicia e le mutande che erano diventati vivai di pidocchi. Tutti erano e sono con la livrea a brandelli, alcuni completamente scalzi, altri in zoccoli, in sandali, con scarpe da donna, vestiti nei modi più bizzarri, sporchi e sudici come tanti maiali.
Ofi
00martedì 30 aprile 2013 15:12

In fin dei conti non era una “sorpresa”. Infatti il 24 novembre il solito "Avanti" sottolinea questo aspetto:

Accusano L’Austria e la Germania di essersi volute liberare troppo in fretta dei nostri prigionieri per metterci in imbarazzo, come se non sapessero che in Austria e in Germania si moriva di fame, e che i nostri nemici smaniavano di disfarsi del peso troppo grave di un vettovagliamento che per esiguo e insufficiente che fosse era pur sempre sottratto ai loro bisogni.



Grazie Estor, quelle che hai riportato sono testimonianze che spiegano molte cose. Quella dell'Avanti, in particolare, pesa come un macigno.
Volendo giustificare a tutti i costi quello che è accaduto si potrebbe parlare di impreparazione. Ma in realtà, come è emerso da troppi spunti, non ci si è voluti far scappare l'occasione di raggruppare e mettere sotto controllo un'enorme massa di uomini su cui aleggiava il marchio infame della diserzione e che venivano considerati pericolosi per l'equilibrio sociale.
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