Infine l'ho visto
Trasferire Watchmen dalle pagine del fumetto al grande schermo era un’operazione realizzabile percorrendo due possibili strade: l’interpretazione o la sottrazione. L’oggettiva impossibilità a comprimere entro due ore (e mezza) di film un’opera ponderosa e molto complessa impediva infatti una trascrizione letterale, mentre un minimo di buon senso a proposito dell’incolumità personale del sacrilego che avesse fatto carne di porco di un capolavoro della letteratura mondiale ne sconsigliava lo stravolgimento, magari il sacrificio sull’altare dell’abusata spettacolarizzazione da blockbuster a colpi di effettori speciali sparati a raffica.
Bene: sacrilegio non c’è stato. Almeno.
Non volendo osare l’
interpretazione -per onesta ammissione da parte di Snyder dei propri limiti- il regista ha quindi scelto la seconda tra le due vie percorribili. Eliminando dalla trama i pezzi che avrebbero fatto esplodere il contenitore. Via il naufrago e i racconti del Vascello nero, via il lettore scroccone e i duetti con il giornalaio, via le diatribe tra New Frontiersman e Nova Express, via le lesbiche, via la moglie dello psichiatra e (quasi) il suo fragile compagno, via i “nodi” e il massacro dell’anziano ex-vigilante. Trama ridotta all’osso, all’essenza, al “plot” sostanziale.
Il guaio è che, a furia di tagli, chiose, cesure, limature e sforbiciate il meccanismo inizia a vacillare. Prevedibile, in qualche modo, trattandosi (il fumetto) di un’opera pensata come meccanismo (appunto) ad incastro. Giusto per restare in tema: quante probabilità di funzionare avrebbe un orologio se, dopo averlo smontato, un artigiano decidesse di ricostruirlo liberandosi dei pezzi di più difficile collocazione?
Magari qualche probabilità ci sarebbe, se al temine delle "sottrazioni" non ci si limitasse a [cercare di] far combaciare le tessere rimanenti. Se lo sforzo realizzativo si concentrasse sulla natura tormentata dei protagonisti, sulle coraggiose contraddizioni proprie della natura del Comico o su quelle più immediatamente intuibili di Rorschach. Se venisse reso lo spirito genuino eppure intimamente fascista che muove la prima generazione di
minutemen e lo smarrimento generale -che sfocia nell’aperta ribellione popolare- che chiude frettolosamente l’esperienza della seconda (malgrado Snyder non dimentichi l’ennesima citazione ossequiosa del fumetto quando fa spiegare dal Comico a Nite Owl che i disordini che stanno soffocando con violenza, ed ancor più il caos che li alimenta, non sono una negazione del
sogno americano bensì la sua realizzazione). Se l’apocalisse nucleare, e prima di quella l’incubo della guerra fredda, fossero presenti in forma vivida e oppressiva (vabbè, non tutti i film sono
Il dottor Stranamore, però…) fino a togliere il fiato, se la paura diffusa e il generale senso di rassegnazione e di impotenza venissero fuori dallo schermo e motivassero il piano folle-lucido di Ozymandias, se la decadenza e il marciume della società che tanto ossessionano più di ogni altro Walter Kovacs facessero capolino almeno un paio di volte durante i quasi 160 minuti della proiezione.
Il tutto -o, meglio, quel che rimane della trama del fumetto- si risolve in uno svolgimento a tratti fin troppo verboso e poco convincente, dove ognuno dei
watchmen recita una parte che non convince fino in fondo e che, nel pur fedele citazionismo sposato -come detto, per indiscutibili necessità cinematografiche- all’abbandono di moltissime tra le sottotracce che scorrono lungo tutta l’opera di Moore e che affiorano di tanto in tanto ad aggiungere sfumature e livelli di lettura, li priva di vera umanità. Quell’umanità che è proprio una delle cifre più esaltanti dell’opera originale ed una delle ragioni del suo straordinario successo. Al contrario, nelle comunque non troppo numerose ed invasive scene di azione, Snyder ricorre ad una fisicità eccessiva e del tutto fuori luogo rendendo i watchmen troppo “supereroi” e pochissimo “avventurieri in costume”; una scelta a dir poco infelice, anche se comprensibile nell’ottica “commerciale” che muove questa come numerose altre produzioni. L’eccesso di fisicità, pur nel generoso scorrere di “
succo di fagioli umani”, priva di drammaticità il momento dell’uccisione di Blake o la prodezza di Ozymandias con il proiettile, e trasforma l’ingresso di Nite Owl e Silk Spectre in carcere nella sequenza più irritante dell’intero film. E, sempre a proposito di evitabili cadute di gusto, come non ricordare la pacchiana citazione di Apocalypse Now o l’acrobatica scena di sesso tra i due vigilanti elettrizzati dal ritorno all’azione e all’adrenalina dopo anni di attesa frustrante, scena nella quale è a dir poco arduo riuscire a cogliere il senso di angoscia e rassegnazione ben presenti nei disegni di Dave Gibbons?
All’enfatizzazione dei mezzi atletici dei vigilanti, sopra le righe tutte le volte che le vicende gli impongono di
scendere in campo, fa un po’ paradossalmente da contraltare la riduzione della figura del solo, vero supererore del racconto. La cura dimagrante inflitta alla trama del fumetto indebolisce il Dr.Manhattan -tranquilli, non si arriva a trasformarlo in macchietta né, all’opposto, in paradigma (cosa che in realtà nel fumetto è, ma per stratificazione del personaggio e non per pura assunzione narrativa)- la cui imprevedibile ed improvvisa conversione alle ragioni di Laurie Juspeczyk durante il loro colloquio su Marte appare a tutti gli effetti ben poco motivata e giustificabile se non si è compreso il tormento del progressivo distacco dell’uomo dalla propria umanità a partire dal momento dell’incidente; l’intera vicenda di Jon Osterman è fin troppo sinteticamente narrata nel toccante -mi riferisco al fumetto- flashback anch’esso ambientato su Marte e che la pellicola riporta con un freddo copia-incolla.
La questione del finale mutato rispetto al testo originale mi vede invece tutto sommato neutrale; un delitto, in un’ottica purista e filologica -ma questo non è un film per filologi e puristi- ma tutto sommato una scelta accettabile e persino comprensibile una volta preso atto che i tagli di cui sopra rendono in qualche maniera l’epilogo proposto come il solo possibile e, a mio avviso, persino plausibile.
Tutto questo scrivere, e non ho ancora spiegato se il film mi sia piaciuto oppure no. Ammetto di aver passato buona parte della proiezione domandandomi come avrei reagito alla visione se non soltanto non avessi letto il fumetto di Alan Moore ma non avessi neppure avuto sentore di che razza di capolavoro si trattasse. Bene: non sono in grado di fornire una risposta anche se probabilmente avrei trovato il film noioso. Il guaio (o, dal punto di vista del film, la fortuna) è che la mia tendenza, malgrado è stata quella di riempire i vuoti della pellicola con la mia conoscenza della trama completa, e proprio tale conoscenza mi ha permesso di gustarlo più di quanto sarebbe accaduto se fossi stato un tizio entrato per caso nella sala cinematografica. Ennesima contraddizione, dunque: proprio coloro che potrebbero avere le più grandi ragioni per stroncare il film sono i possessori sani delle conoscenze che lo rivaluteranno ben oltre i suoi meriti.
Meriti che ci sono, comunque, soprattutto nell’interpretazione valida di alcuni protagonisti, che regalano un ottimo Daniel Dreiberg e un Walter Kovacs che non gli è certo da meno, un Edward Blake fedele all’originale e una bellissima Janey Slater, ma anche nel rispetto dell’impianto dell’opera originale, che non viene mai stravolta e violentata, nell’uso di effetti speciali calibrati alle varie scene senza risultare invadenti e nella cura scrupolosa con cui intere pagine sono state riprodotte fin nei dettagli.
E’ comunque legittimo chiedersi se la pedissequa aderenza a molte sequenze del fumetto sia più frutto di pudore, di rispetto verso un modello inarrivabile o di soggezione nei confronti di un mostro sacro inavvicinabile. Ed è proprio il punto chiave con cui ogni commento a questo film dovrà confrontarsi: se questo era il massimo ottenibile da una trasposizione cinematografica di Watchmen, ne valeva davvero la pena? Possibile che gli sceneggiatori di Hollywood siano così a corto di idee da essere costretti a sfide palesemente impossibili? Impossibili a meno di accettare di correre qualche rischio. Molti rischi. L’
interpretazione, ipotesi con cui aprivo questo intervento, e che qui si riduce alla scelta di un finale -ripeto: finale giustificato dalle varie scelte di sceneggiatura- alternativo, e nulla più.
A chi gli rinfacciava lo scarso livello dei film tratti dai suoi libri Chandler rispondeva che i suoi libri stavano benissimo, e che un film [eventualmente] brutto non rendeva peggiore il romanzo da cui era stato tratto o che lo aveva ispirato. Credo che alla stessa domanda Alan Moore potrebbe offrire la medesima risposta.
Watchmen non è un film brutto, ma resta da capire se fosse un film necessario. Secondo me NO.
Devo però ammettere che la parte più sentimentale, fragile e di sicuro meno razionale di me non è riuscita a rimanere indifferente di fronte ad alcune scene. Pur nell’approssimazione dell’abbozzo che ne è stato fornito, la dolorosa storia d’amore tra il Comico e Silk Spectre rimane una pagina struggente; il senso di inutilità dell’agire umano e dell’innata spinta alla crudeltà seguita a porre feroci interrogativi (il Dr. Manhattan è un Comico senza l’ironia, o forse il Comico è un Dr. Manhattan ancora capace di provare pietà per se stesso) dall’ardua risposta; il tragico fatalismo che pilota la vicenda di Rorschach inchioda ciascuno davanti al significato che si vuol dare a concetti possenti come giustizia, dovere, responsabilità.
In breve, non mi dispiace di averlo visto.
Ah, dimenticavo: paraculissima la scelta di alcuni brani della colonna sonora (probabilmente assai piacerebbe a eventuali fumettisti rockstar). Personalmente ho detestato l'utilizzo di
I'm your Boogie Man , della
Cavalcata delle Walchirie, di
Hallelujah e del
Requiem di Mozart. Allo stesso modo, ho provato brividi veri e profondi alle note di
The times they are a-changing (mentre scorrono i titoli di testa: bellissimi, forse la parte migliore del film), di
All along the watchtower (nella SOLA interpretazione possibile, of course) e di
Desolation row.