I labirinti di Gallo

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vanni-merlin
00sabato 24 novembre 2007 13:02
I labirinti di Gallo
A Roma, al Macro, una mostra celebra Giuseppe Gallo, esponente di spicco della cosiddetta scuola romana
di San Lorenzo. Dipinti, disegni e sculture ricostruiscono la sua carriera dagli anni Settanta ad oggi


di LAURA LARCAN

ROMA - La magia del disegno, il vertiginoso intrecciarsi di segni multicolori, il labirinto di enigmatici simboli di organica memoria. E ancora, il gusto azzardato per i materiali, il gioco audace di ruggini e ossidanti a orchestrare contrasti cromatici sulle tele. Appare questa la strategia espressiva - che sa tanto di spasmodica ricerca emotiva - che contraddistingue il lavoro di Giuseppe Gallo, uno dei più singolari esponenti di quella che si usa definire, assai impropriamente, nuova scuola romana d'era post-transavanguardia che si è codificata sulla scena capitolina a partire dagli anni Settanta-Ottanta, meglio sottolineata, con più efficace denominazione, come il Gruppo di San Lorenzo, per via di quel sodalizio fertile fatto di un continuo scambio di idee, che prese corpo quando un manipolo di artisti si installò presso l'Ex Pastificio Cerere, uno stabilimento industriale in disuso situato in via degli Ausoni, nel quartiere romano di San Lorenzo: con Gallo, c'erano Nunzio, Luigi Quintili, Walter Gatti, raggiunti in seguito da Gianni Dessì, Bruno Ceccobelli, Marco Tirelli e Piero Pizzi Cannella.

La vicinanza degli atelier creava inevitabilmente uno scambio di energie magnetiche dando vita a un insieme di personalità eterogenee che trovavano nella contiguità e nella frequentazione del medesimo ambiente, pur nella profonda specificità delle ricerche, una comunanza di intenti artistici.

Ed è all'indagine ravvicinata del gruppo di San Lorenzo che il Macro, il Museo d'arte contemporanea di Roma, ha dedicato da tempo un programma espositivo, ospitando ora, dal 17 novembre al 3 febbraio, l'omaggio a Giuseppe Gallo, sotto la cura di Danilo Eccher, dopo i progetti su Nunzio, Gianni Dessì e Piero Pizzi Cannella. Classe '54, nato a Rogliano, in provincia di Cosenza, figlio d'arte, e romano d'adozione dal '76, Giuseppe Gallo ha costruito la sua personalità artistica sulla base di un rapporto vigile ma emancipato col passato, concepito come un repertorio lasciato in eredità da saccheggiare liberamente, dove i lavori nascono sotto la viscerale esigenza di confrontarsi perennemente con i problemi della pittura o della scultura. "Il lavoro di Giuseppe Gallo - osserva Danilo Eccher - spesso oscilla fra gli azzardi innovativi e sperimentali di una narrazione coraggiosa e i classicismi di un linguaggio virtuoso, fra le analisi chimiche di un cromatismo alchemico e la stabilità di pratiche artistiche note. Tutto ciò contribuisce a determinare un quadro complesso nel suo rapporto con la contemporaneità".

E il passato di Giuseppe Gallo non è vago. La sua formazione ha precise coordinate. Forte è stata la sua passione per i maestri della pittura italiana, come Antonello da Messina e Giovanni Bellini, accanto all'amore per le scienze naturali, la matematica, la musica, la filosofia. Sensibilità artistica accanto a studi scientifici, dal liceo fino alla Facoltà di Architettura di Roma, procedono di pari passo fino a quando l'attività artistica non viene scelta definitivamente come occupazione esclusiva. Ne viene fuori un'arte che guarda molto alle potenzialità del disegno, che, come dice Eccher, ha sempre rappresentato "una sorta di nucleo poetico da cui s'irradia l'intensa creatività di tutta la tua opera". Parlare dei quadri di Gallo come delle sculture, significa "affrontare la magia del tratto, l'ingorgo delle linee, il segreto di un gesto apparentemente leggero e inconsapevole ma in realtà così misurato e attento". Un'arte dove l'elemento simbolico e la sua visionaria e inarrestabile deriva enigmatica hanno definito i contenuti narrativi delle sue opere. "All'apparenza si presenta come un formicolante agitarsi di simboli, lettere, numeri che s'accavallano, si rincorrono, s'intrecciano in una frenetica recitazione che non consente pause, né ammette attese. E' un eccitato sovrapporsi di stimoli, accadimenti, figure, emozioni che ruotano nella giostra visiva dell'opera", racconta Eccher.

L'antologica del Macro racconta tutto questo, raccogliendo un'ampia varietà di opere, caratterizzate da tecniche e linguaggi molto diversi, nelle quali l'artista ripercorre idealmente il proprio cammino
artistico, unendo passato, presente e futuro. Lavori storici e inediti, tra disegni, dipinti e sculture, che rievocano un linguaggio colto, concettuale, versatile, a tratti ironico e grottesco, sempre in bilico sul gioco perverso di continui rimandi, riflessi letterari, evocazioni visionarie. Un percorso che procede per tappe cronologiche e che rievoca come fin dai primi anni l'arte di Gallo è caratterizzata da una profondità stratificata, in cui storia e modernità, figurazione e astrazione contribuiscono a definire un universo espressivo di ampio respiro. Dna della sua arte è la materia, il colore, il segno, la figura da una parte, bilanciata a incursioni concettuali, idee e linguaggi dall'altra. Un'arte che sa evolvere nella pura ricerca espressiva, fino a quando, dagli anni '90 matura l'interesse per un repertorio iconografico che, isolando e assemblando parti del corpo umano e animale, crea forme ed esseri paradossali nelle proporzioni e negli accostamenti.

Lo raccontano opere come il ciclo di dodici dipinti ad olio dedicati ai mesi dell'anno "Le Dita della Mente" (1998), riuniti in una portentosa struttura installativa. Spicca la recente "Memoria Retrospettiva" (2007), una raccolta di 34 quadri ad encausto, dove sfilano le sue figure, i suoi simboli, gli elementi che hanno popolato il suo mondo visionario. Ci sono le sculture in bronzo, come il debutto espositivo di "Prismi", riproduzioni di maschere rituali e teatrali acquistate durante diversi viaggi. C'è la serie Autoritratto Autoritario I - II - III, asce in bronzo le cui lame riportano il profilo tagliente dell'artista. Ready-made del terzo millennio, dove appare l'entusiasmo di Gallo nel trasfigurare oggetti tradizionali, riconoscibili secondo le logiche di diverse culture, in opere d'arte. Compare a intermittenza tutta la sua raffinata ironia, dosata come uno strumento che gli permette di sperimentare diversi linguaggi pur guardando con affetto alla classicità. Come testimoniano le tecniche, dalla pittura ad olio all'encausto. E ci sono i colori, creature materiche figlie di ruggini e ossidanti, esaltati in opere come "Merletto Veneziano" (2004) e "Mare di Specchi" (2005).


Notizie utili - "Giuseppe Gallo", dal 17 novembre al 3 febbraio. Macro, Via Reggio Emilia 54. Roma. La mostra è a cura di Danilo Eccher.
Orari: martedì-domenica, 9-19. Lunedì chiuso.
Ingresso: €1.
Informazioni: 06 671070400.
Catalogo: Electa.


(16 novembre 2007)


da: www.repubblica.it/2007/11/sezioni/arte/recensioni/labirinti-gallo/labirinti-gallo/labirinti-ga...

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