GIUSEPPE UNGARETTI

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fiordineve
00giovedì 19 giugno 2008 00:55
antologia
[
Natale



Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade

Ho tanta
stanchezza
sulle spalle

Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata

Qui
non si sente
altro
che il caldo buono

Sto
con le quattro
capriole di fumo
del focolare







VEGLIA

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da L'ALLEGRIA - da IL PORTO SEPOLTO


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Un'intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d'amore.
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita.

Cima Quattro il 23 dicembre 1915


fiordineve
00giovedì 19 giugno 2008 00:56
TUTTO HO PERDUTO
da IL DOLORE - da TUTTO HO PERDUTO


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Tutto ho perduto dell'infanzia
E non potrò mai più
Smemorarmi in un grido.

L'infanzia ho sotterrato
Nel fondo delle notti
E ora, spada invisibile,
Mi separa da tutto.

Di me rammento che esultavo amandoti,
Ed eccomi perduto
In infinito delle notti.

Disperazione che incessante aumenta
La vita non mi è più,
Arrestata in fondo alla gola,
Che una roccia di gridi.


1937
fiordineve
00giovedì 19 giugno 2008 00:57

STELLE
da SENTIMENTO DEL TEMPO - da SOGNI E ACCORDI


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Tornano in alto ad ardere le favole.

Cadranno colle foglie al primo vento.

Ma venga un altro soffio,
Ritornerà scintillamento nuovo.

1927
fiordineve
00giovedì 19 giugno 2008 00:57
SILENZIO
da L'ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO


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Conosco una città
che ogni giorno s'empie di sole
e tutto è rapito in quel momento

Me ne sono andato una sera

Nel cuore durava il limio
delle cicale

Dal bastimento
verniciato di bianco
ho visto
la mia città sparire
lasciando
un poco
un abbraccio di lumi nell'aria torbida
sospesi


Mariano, il 27 giugno 1916


fiordineve
00giovedì 19 giugno 2008 00:58

SENTIMENTO DEL TEMPO
da IL SENTIMENTO DEL TEMPO - da INNI



E per la luce giusta,
Cadendo solo un'ombra viola
Sopra il giogo meno alto,
La lontananza aperta alla misura,
Ogni mio palpito, come usa il cuore,
Ma ora l'ascolto,
T'affretta, tempo, a pormi sulle labbra
Le tue labbra ultime.

1931
fiordineve
00giovedì 19 giugno 2008 00:59
RICORDO D'AFFRICA
da IL SENTIMENTO DEL TEMPO - PRIME


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Non più ora tra la piana sterminata
E il largo mare m'apparterò, né umili
Di remote età, udrò più sciogliersi, chiari,
Nell'aria limpida, squilli; nè più
Le grazie scerbe andrà nudando
E in forme favolose esalterà
Folle la fantasia,
Nè dal rado palmeto Diana apparsa
In agile abito di luce,
Rincorrerò
(In un suo gelo altiera s'abbagliava,
Ma le seguiva gli occhi nel posarli
Arroventando disgraziate brame,
Per sempre
Infinito velluto).

E' solo linea vaporosa il mare
Che un giorno germogliò rapace,
E nappo d'un miele, non più gustato
Per non morire di sete, mi pare
La piana, e a un seno casto, Diana vezzo
D'opali, ma nemmeno d'invisibile
Non palpita.

Ah! questa è l'ora che annuvola e smemora.

1924

fiordineve
00giovedì 19 giugno 2008 01:00
PERCHE'?
da L'ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO


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Ha bisogno di qualche ristoro
il mio buio cuore disperso

Negli incastri fangosi dei sassi
come un'erba di questa contrada
vuole tremare piano alla luce

Ma io non sono
nella fionda del tempo
che la scaglia dei sassi tarlati
dell'improvvisa strada
di guerra

Da quando
ha guardato nel viso
immortale del mondo
questo pazzo ha voluto sapere
cadendo nel labirinto
del suo cuore crucciato

Si è appiattito
come una rotaia
il mio cuore in ascoltazione
ma si scopriva a seguire
come una scia
una scomparsa navigazione

Guardo l'orizzonte
che si vaiola di crateri

Il mio cuore vuole illuminarsi
come questa notte
almeno di zampilli di razzi

Reggo il mio cuore
che s'incaverna
e schianta e rintrona
come un proiettile
nella pianura
ma non mi lascia
neanche un segno di volo

Il mio povero cuore
sbigottito
di non sapere

Carsia Giulia, 1916
fiordineve
00giovedì 19 giugno 2008 01:01
MIO FIUME ANCHE TU
da IL DOLORE - da ROMA OCCUPATA 1.


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Mio fiume anche tu, Tevere fatale,
Ora che notte già turbata scorre;
Ora che persistente
E come a stento erotto dalla pietra
Un gemito d'agnelli si propaga
Smarrito per le strade esterrefatte;
Che di male l'attesa senza requie,
Il peggiore dei mali,
Che l'attesa di male imprevedibile
Intralcia animo e passi;
Che singhiozzi infiniti, a lungo rantoli
Agghiacciano le case tane incerte;
Ora che scorre notte già straziata,
Che ogni attimo spariscono di schianto
O temono l'offesa tanti segni
Giunti, quasi divine forme, a splendere
Per ascensione di millenni umani;
Ora che già sconvolta scorre notte,
E quanto un uomo può patire imparo;
Ora ora, mentre schiavo
Il mondo d'abissale pena soffoca;
Ora che insopportabile il tormento
Si sfrena tra i fratelli in ira a morte;
Ora che osano dire
Le mie blasfeme labbra:
"Cristo, pensoso palpito,
Perchè la Tua bontà
S'è tanto allontanata?"

Ora che pecorelle cogli agnelli
Si sbandano stupite e, per le strade
Che già furono urbane, si desolano;
Ora che prova un popolo
Dopo gli strappi dell'emigrazione,
La stolta iniquità
Delle deportazioni;
Ora che nelle fosse
Con fantasia ritorta
E mani spudorate
Dalle fattezze umane l'uomo lacera
L'immagine divina
E pietà in grido si contrae di pietra;
Ora che l'innocenza
Reclama almeno un eco,
E geme anche nel cuore più indurito;
Ora che sono vani gli altri gridi;
Vedo ora chiaro nella notte triste.

Vedo ora nella notte triste, imparo,
So che l'inferno s'apre sulla terra
Su misura di quanto
L'uomo si sottrae, folle,
Alla purezza della Tua passione.

Fa piaga nel Tuo cuore
La somma del dolore
Che va spargendo sulla terra l'uomo;
Il Tuo cuore è la sede appassionata
Dell'amore non vano.

Cristo, pensoso palpito,
Astro incarnato nell'umane tenebre,
Fratello che t'immoli
Perennemente per riedificare
Uamnamente l'uomo,
Santo, Santo che soffri,
Maestro e fratello e Dio che ci sai deboli,
Santo, Santo che soffri
Per liberare dalla morte i morti
E sorreggere noi infelici vivi,
D'un pianto solo mio non piango più,
Ecco, Ti chiamo, Santo,
Santo, Santo che soffri.


fiordineve
00giovedì 19 giugno 2008 01:02
fiordineve
00giovedì 19 giugno 2008 01:02
LINDORO DI DESERTO
da L'ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO


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Dondolo di ali in fumo
mozza il silenzio degli occhi

Col vento si spippola il corallo
di una sete di baci

Allibisco all'alba

Mi si travasa la vita
in un ghirigoro di nostalgie

Ora specchio i punti di mondo
che avevo compagni
e fiuto l'orientamento

Sino alla morte in balia del viaggio

Abbiamo le soste di sonno

Il sole spegne il pianto

Mi copro di un tiedipo manto
di lind'oro

Da questa terrazza di desolazione
i braccio mi sporgo
al buon tempo

Cima Quattro, il 22 dicembre 1915
fiordineve
00giovedì 19 giugno 2008 01:03
LA NOTTE BELLA
da L'ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO


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Quale canto s'è levato stanotte
che intesse
di cristallina eco del cuore
le stelle

Quale festa sorgiva
di cuore a nozze

Sono stato
uno stagno di buio

Ora mordo
come un bambino la mammella
lo spazio

Ora sono ubriaco
d'universo

Devetachi, il 24 agosto 1916

fiordineve
00giovedì 19 giugno 2008 01:04
IN MEMORIA
da L'ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO


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Si chiamava
Moammed Sceab

Discendente
di emiri di nomadi
suicida
perchè non aveva più
Patria

Amò la Francia
e mutò nome

Fu Marcel
ma non era Francese
e non sapeva più
vivere
nella tenda dei suoi
dove si ascolta la cantilena
del Corano
gustando un caffè

E non sapeva
sciogliere
il canto
del suo abbandono

L'ho accompagnato
insieme alla padrona dell'albergo
dove abitavamo
a Parigi
dal numero 5 della rue des Carmes
appassito vicolo in discesa

Riposa
nel camposanto d'Ivry
sobborgo che pare
sempre
in una giornata
di una
decomposta fiera

E forse io solo
so ancora
che visse

Locvizza, il 30 settembre 1916


fiordineve
00giovedì 19 giugno 2008 01:05
I FIUMI
da L'ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO


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Mi tengo a quest'albero
mutilato
abbandonato in questa dolina
che ha il languore
di un circo
prima o dopo lo spettacolo
e guardo
il passaggio quieto
delle nuvole sulla luna

Stamani mi sono disteso
in un'urna d'acqua
e come una reliquia
ho riposato

L'Isonzo scorrendo
mi levigava
come un suo sasso

Ho tirato su
le mie quattr'ossa
e me ne sono andato
come un acrobata
sull'acqua

Mi sono accoccolato
vicino ai miei panni
sudici di guerra
e come un beduino
mi sono chinato a ricevere
il sole

Questo è l'Isonzo
e qui meglio
mi sono riconosciuto
una docile fibra
dell'universo

Il mio supplizio
è quando
non mi credo
in armonia

Ma quelle occulte
mani
che m'intridono
mi regalano
la rara
felicità

Ho ripassato
le epoche
della mia vita

Questi sono
i miei fiumi

Questo è il Serchio
al quale hanno attinto
duemil'anni forse
di gente mia campagnola
e mio padre e mia madre

Questo è il Nilo
che mi ha visto
nascere e crescere
e ardere dell'inconsapevolezza
nelle estese pianure

Questa è la Senna
e in quel torbido
mi sono rimescolato
e mi sono conosciuto

Questi sono i miei fiumi
contati nell'Isonzo

Questa è la mia nostalgia
che in ognuno
mi traspare
ora ch'è notte
che la mia vita mi pare
una corolla
di tenebre


Cotici, il 16 agosto 1916


fiordineve
00giovedì 19 giugno 2008 01:06
FASE
da L'ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO


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Cammina cammina
ho ritrovato
il pozzo d'amore

Nell'occhio
di mill'una notte
ho riposato

Agli abbandonati giardini
ella approdava
come una colomba

Fra l'aria
del meriggio
ch'era uno svenimento
le ho colto
arance e gelsumini

Mariano, il 25 giugno 1916


fiordineve
00giovedì 19 giugno 2008 01:07
DISTACCO
da L'ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO


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Eccovi un uomo
uniforme

Eccovi un'anima
deserta
uno specchio impassibile

M'avviene di svegliarmi
e di congiungermi
e di possedere

Il raro bene che mi nasce
così piano mi nasce

E quando ha durato
così insensibilmente s'è spento

Locvizza, il 24 settembre 1916

fiordineve
00giovedì 19 giugno 2008 01:08

DANNAZIONE
da L'ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO


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Chiuso fra cose mortali

(Anche il cielo stellato finirà)

Perchè bramo Dio?

Mariano, il 29 giugno 1916

fiordineve
00giovedì 19 giugno 2008 01:09
1914-1915
da IL SENTIMENTO DEL TEMPO - da LEGGENDE


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Ti vidi, Alessandria,
Friabile sulle tue basi spettrali
Diventarmi ricordo
In un abbraccio sospeso di lumi.

Da poco eri fuggita e non rimpiansi
L'alga che blando vomita il tuo mare,
Che ai sessi smanie d'inferno tramanda,
Nè l'infinito e sordo plenilunio
Delle aride sere che t'assediano,
Nè, in mezzo ai campi urlanti,
Sotto una cupa tenda
Amori e sonni lunghi sui tappeti.

Sono d'un altro sangue e non ti persi,
Ma in quella solitudine di nave
Più dell'usato tornò malinconica
La delusione che tu sia, straniera,
La mia città natale.

A quei tempi, come eri strana, Italia,
E mi sembrasti una notte più cieca
Delle lasciate giornate accecanti.

Ma il dubbio, ebbro colore di perla,
Come avviene nelle ore di tempesta
Spuntò adagio ai limiti,
E s'era appena messo a serpeggiare
Che aurora già soffiava sulla brace.
Chiara Italia, parlasti finalmente
Al figlio d'emigranti.

Vedeva per la prima volta i monti
Consueti agli occhi e ai sogni
Di tutti i suoi defunti;
Sciamare udiva voci appassionate
Nelle gole granitiche;
Gli scoprivi boschiva la tua notte;
Guizzi d'acque pudiche,
Specchi tornavano di fiere origini;
Neve vedeva per la prima volta,

In umili virgulti ormai taglienti
Che orlavano la luce delle vette
E ne legavano gli ampi discorsi
Tra viti, qualche cipresso, gli ulivi,
I fiumi delle casipole sparse,
Per la calma dei campi seminati
Giù giù sino agli orizzonti d'oceani
Assopiti in pescatori alle vele,
Spiegate, pronte in un leggiadro seno.

Mi destavi nel sangue ogni tua età,
M'apparivi tenace, umana, libera
E sulla terra il vivere più bello.

Colla grazia fatale dei millenni
Riprendendo a parlare ad ogni senso,
Patria fruttuosa, rinascevi prode,
Degna che uno per te muoia d'amore.


fiordineve
00giovedì 19 giugno 2008 01:10
AUGURI PER IL PROPRIO COMPLEANNO
da IL SENTIMENTO DEL TEMPO - da L'AMORE


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Dolce declina il sole.
Dal giorno si distacca
Un cielo troppo chiaro.
Dirama solitudine

Come da gran distanza
Un muoversi di voci.
Offesa se lusinga,
Quest'ora ha l'arte strana.

Non è primo apparire
Dell'autunno già libero?
Con non altro mistero

Corre infatti a dorarsi
Il bel tempo che toglie
Il dono di follia.

Eppure, eppure griderei:
Veloce gioventù dei sensi
Che all'oscuro mi tieni di me stesso
E consenti le immagini all'eterno,

Non mi lasciare, resta, sofferenza!

1935



fiordineve
00giovedì 19 giugno 2008 01:11
APOCALISSI


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1.
Da una finestra trapelando, luce
Il fastigio dell'albero segnala
Privo di foglie.

2.
Se unico subitaneo l'urlo squarcia1
L'alba, riapparso il nostro specchio solito,
Sarà perchè del vivere trascorse
Un'altra notte all'uomo
Che d'ignorarlo supplica
Mentre l'addenta di saperlo l'ansia?

3.
Di continuo ti muovono pensieri,
Palpito, cui, struggendoli, dai moto.

4.
La verità, per crescita di buio
Più a volare vicino s'alza l'uomo,
Si va facendo la frattura fonda.

1 a scelta: Se d'improvviso l'urlo squarcia unico

Roma, 3 gennaio / 23 giugno 1961





gioiaedolore
00venerdì 20 giugno 2008 11:36
grazie di tutto cio'...fiore.
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