Dracula

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Mixer84
00domenica 9 dicembre 2007 14:47
Vlad III (Sighişoara, Transilvania, 2 novembre 1431 - dicembre 1476), conosciuto anche come Vlad Ţepeş o Vlad l'Impalatore fu, a più riprese, principe di Valacchia: nel 1448, dal 1456 al 1462 ed infine nel 1476. Grazie al suo dominio, il principato di Valacchia riuscì a mantenere la sua indipendenza dall'Impero Ottomano. La crudeltà nei confronti dei prigionieri gli valse il soprannome di Ţepeş, che in Rumeno significa l'Impalatore. I racconti sulle sue gesta crudeli hanno dato progressivamente origine a un filone letterario molto fortunato. Il romanzo Dracula di Bram Stoker, con le numerose versioni cinematografiche, ne sono esempi.

Vlad, come suo padre Vlad II, apparteneva all'Ordine del Dragone (ordo draconistarum), uno degli ordini cavallereschi di stampo religioso del Medioevo.
Fu creato nel 1408 da Sigismondo di Lussemburgo, re d'Ungheria (in seguito Imperatore del Sacro Romano Impero) e dalla sua seconda moglie, Barbara Cilli.
Scopo dell'ordine era di proteggere il Cattolicesimo e lottare contro i Turchi.
Il principe Vlad II di Valacchia era un voivoda, cioè una sorta di nobile feudatario, il cui principato era stato, svariate volte, invaso dal sultano musulmano Murad II, ma che era riuscito anche, nel caos politico, religioso e sociale in cui versavano le terre balcaniche nel XV secolo, a conservare una sorta d’indipendenza religiosa: era vassallo sia della Sublime porta (turchi), sia del Sacro Romano Impero (cristiani), cambiando bandiera secondo l’occasione necessaria alla propria sopravvivenza. Inaffidabile come vassallo, infido come alleato, era però coraggiosissimo ed astuto. L’imperatore d’Ungheria, Sigismondo, comprendendo il pericolo rappresentato dall’espandersi del movimento eretico ussita (fondato da Jan Hus), fondò, probabilmente nel 1418, un Ordine cavalleresco, detto del Drago, per combattere le eresie e gli infedeli di ogni ceppo. Ciò gli avrebbe assicurato l’appoggio di tutte le nazioni cristiane e gli avrebbe consentito le forze sufficienti per limitare, se non evitare, l’avanzata dei musulmani nei territori balcanici. Nel 1431 il principe Vlad II ricevette le insegne del Drago, onore altissimo che, almeno questo era quanto sperava l’imperatore, avrebbe trattenuto l’infido voivoda dall’allearsi un’altra volta con turchi. Con il cavalierato del Drago (draco, in latino), Vlad aggiunse al suo casato il titolo di Dracul.
Il padre Vlad II fu chiamato Dracul il cui significato era "Dragone" dato che questi divenne il suo simbolo. Per questo il figlio venne chiamato in romeno Drăculea (che puo significare l'appartenenza, la discendenza dal "Dracul"). Per una curiosa coincidenza, in rumeno il termine Dracul poteva essere interpretato anche come Diavolo. Vlad III divenne, dunque "Figlio del Diavolo". Probabilmente questo è alla base della leggenda nata sul suo personaggio.
Ma il nome con cui Vlad era veramente ricordato è il rumeno "Ţepeş", che significa l'impalatore, poiché quello era il supplizio a cui usualmente condannava i propri nemici, soprattutto i turchi, essendo questo genere di punizione tipicamente ottomana.
Questi ultimi si riferivano a Vlad come Kaziglu Bey, cioè il Principe Impalatore, termine attestato a partire dal 1550.

Anni prima Vlad II aveva sposato la principessa Cneajina, appartenente ad una nobilissima famiglia, da lei aveva avuto tre figli: Mircea, il primogenito su cui riversava tutto il suo affetto e le sue ambizioni, Vlad, nato a Sighisoara nel 1431, e Radu. Questi ultimi due erano completamente trascurati dal padre e crebbero al seguito della madre, che ebbe cura della loro educazione. Già da bambino Vlad dimostrò un carattere dispotico e inusuale, frenato dal bigottismo dei monaci ortodossi ai quali era affidata la sua educazione, affiancati però da alcuni preti cattolici, voluti dal padre per compiacere l’imperatore Sigismondo, cattolico tedesco. A tal fine proteggeva anche le comunità di mercanti tedeschi, numerose in Transilvania ed in Valacchia. Mentre la fama del valore guerriero di Mircea continuava a crescere, i territori Balcani erano invasi dal terrore dell’avanzata della Mezzaluna: il Papa implorava l’unità delle forze cristiane, ma già il Sultano aveva posto l’assedio a Costantinopoli. Molti erano, comunque, i voivoda che preferivano passare al vincitore per salvare i propri possedimenti e la propria vita. Dato che Murad II era molto generoso con i suoi alleati, anche Vlad II si decise a tal senso: era pressato dal cugino Bogdan e con la morte dell’imperatore Sigismondo gli veniva a mancare un punto d’appoggio; con il suo aiuto i Turchi riuscirono ad entrare in Valacchia giungendo fino in Transilvania. Per tacitare i legittimi sospetti del Sultano sulla sua fedeltà, il voivoda gli consegnò in ostaggio i propri figli: non il prediletto Mircea, bensì i due minori, dei quali non avrebbe sofferto granché l’eventuale perdita. Dalla tranquillità del castello paterno, nel 1440 circa, i due giovanissimi principi ebbero quasi subito il battesimo del fuoco: appena entrarono in territorio musulmano gli emissari del sultano massacrarono la loro scorta, li presero in personale consegna e li condussero nella reggia di Gallipoli, sulla riva dei Dardanelli.
Crebbero nell’ opulenza del fasto orientale, plasmandosi sulla diplomazia ottomana, affinandosi nell’arte del raggiro e della simulazione, conoscendo le sempre nuove tecniche di tortura inflitte ai nemici di Murad. Fecero numerose amicizie nella corte, entrando negli harem, apprendendone i raffinatissimi piaceri. Fu in questo periodo che Radu fu soprannominato il Bello: tale era la sua avvenenza che perfino il sultano ne rimase ammaliato e lo volle nel suo harem maschile. Tuttavia, anche in quest’esilio dorato, la loro vita era in costante pericolo: tutto dipendeva dalla condotta del padre che, in quel momento si era rischierato con la cristianità partecipando, con l’inseparabile primogenito, alla crociata indetta dal papa Eugenio IV, che si concluse con il disastro, per i cristiani, di Varna (1444). Tre anni dopo, nel dicembre 1447, Vlad II e Mircea caddero in un’imboscata, durante una delle loro scorribande in Transilvania: Vlad fu ucciso, Mircea fu sepolto vivo dopo essere stato accecato con ferri roventi. Il legittimo erede al trono valacco era il diciassettenne Vlad III. Il giovane fuggì dalla corte turca, forse con l’aiuto di Maometto II, figlio primogenito del sultano e suo grande amico, lasciando Radu, ormai completamente assuefatto alle usanze musulmane, o forse perché, pensava, che, un giorno, un parente alla corte gli avrebbe potuto far comodo.
Giunto nella reggia paterna di Tirgoviste la trovò occupata da un usurpatore: senza scomporsi, Vlad III si rifugiò in Moldavia, alla corte dello zio paterno Bogdan, e strinse amicizia con il cugino Stefano, anzi, a vicenda si giurarono che un domani, chi avesse avuto il potere per primo, avrebbe aiutato l’altro per ottenere il proprio. Negli anni che seguirono Vlad praticò il suo tirocinio nell’arte della guerra, partecipando alle crociate nei Balcani ed alle guerriglie contro i Turchi, fino al 1454, anno in cui rientrò in possesso dei domini paterni. Ora poteva concedersi le vendette che sognava da anni: annientare tutti coloro che non lo avevano riconosciuto erede legittimo e lo avevano costretto alla fuga sette anni prima. I massacri compiuti da Dracula e l’atrocità delle sue torture, soprattutto l’impalatura, compaiono nei resoconti storici russi, tedeschi ed ungheresi.
Vanitoso e crudele Vlad III amava le lodi, ma s’infuriava se il complimento scadeva in adulazione, apprezzava l’umorismo, l’intelligenza e la prontezza di spirito, qualità che salvarono un ambasciatore polacco, ma detestava la stoltezza. Fece giustiziare, sempre col metodo del palo, gli emissari del suo ex amico Maometto II, pregandolo poi di non inviargli più gente così stupida. Mosso da uno stranissimo, tortuoso e discutibile senso di giustizia, apprezzava moltissimo l’onestà, qualità di cui era dotato, ma che esprimeva a modo suo. Per questo tenne fede alla promessa fatta al cugino Stefano otto anni prima: dopo aver armato un esercito i due cugini invasero la Moldavia, uccisero l’usurpatore Aron e Stefano salì sul trono. Il regno di Vlad III è descritto dalle fonti come un lungo periodo sanguinoso, addirittura si parla di una coincidenza assai curiosa: la notte di S. Bartolomeo del 24 agosto 1460, Dracula fece trucidare più di trentamila persone, nella stessa tragica notte a Parigi fu compiuta la “strage degli ugonotti”, quando per ordine del re Carlo IX furono massacrati migliaia di protestanti! Inoltre lo stesso Vlad in persona teneva la contabilità dei massacri: con l’agghiacciante precisione tipica del suo carattere, faceva scrivere il numero preciso delle sue vittime e quali supplizi erano stati loro inflitti.

La fama di crudeltà di questo principe era pari al suo coraggio e alla sua astuzia: realisticamente conscio del pericolo rappresentato dall’avanzata ottomana, capeggiata dal sultano Maometto II suo ex amico, accolse l’appello lanciato da papa Pio II, ma fu l’unico a schierarsi contro l’Islam: in un giorno d’estate del 1462 ci fu lo scontro tra i due eserciti. Il piano di Vlad II era di attirare i turchi all’interno del territorio, fino alle foreste dei Carpazi, territori a lui congeniali. Nella sua finta ritirata bruciò tutti i villaggi e le riserve alimentari, avvelenò pozzi e corsi d’acqua gettandovi le carogne degli animali, e non solo, uccisi. Fece, insomma, tabula rasa dietro di sé. Giunse fino a Tirgoviste e, approfittando di un momento di debolezza dell’esercito nemico, penetrò nel loro accampamento con il piano di uccidere proprio il sultano. Il piano fallì perché non era stata calcolata l’abilità dei giannizzeri, guerrieri scelti. Tuttavia questo bastò per conferire a Vlad la fama di temerario, di coraggioso principe e del più gran difensore della cristianità. Ma la sua crudeltà aveva fatto sì che gli altri voivoda sostenessero il candidato che il Sultano proponeva: altri non era che Radu, suo fratello cadetto. Narra una leggenda che, in questo clima di terrore, la moglie di Vlad, di cui era innamoratissimo, si gettò nel fiume Arges per non cadere in mano ai turchi; da questo episodio la crudeltà di Dracula, se pur possibile, aumentò ancora di più.
Vista la mala parata, a Vlad restava un’unica possibilità: l’aiuto del cugino Stefano IV, che cercò di approfittare della situazione ingrandendo i suoi possessi in Moldavia. Ma caso volle che i turchi avessero la stessa idea: in uno scontro Stefano ebbe la peggio, in Valacchia fu insediato Radu, mentre Vlad era costretto alla latitanza sui monti. Perfino il re d’Ungheria, Mattia Corvino, costretto ad un segreto patto di non aggressione con la mezzaluna, si schierò contro Vlad che nel Natale 1462 fu condotto in catene a Buda.
Per dodici anni, dal 1462 al 1474, restò prigioniero, ma fu una prigionia dorata, confacente al suo rango: visse in una sontuosa villa vicino Pest, donatagli dal re, sulle rive del Danubio, sposò Ilona Szilagy, figlia di un barone e nelle cui vene scorreva sangue reale; da lei ebbe due figli e si riconvertì alla religione ortodossa della sua infanzia. Bisogna dire che Vlad era un prigioniero prezioso: sebbene la fama delle sue gesta destasse raccapriccio, restava sempre il grande guerriero che aveva difeso la Croce dal pericolo della Mezzaluna, il Papa in persona aveva a cuore la sua sorte! Sisto IV, infatti, indisse l’ennesima crociata, a capo della quale servivano guerrieri esperti, coraggiosi e privi di scrupoli, furono scelti Vlad III ed il serbo Vuk Brankovic. Stefano IV, conoscendo l’indole vendicativa del cugino e cercando di riparare il suo tradimento di qualche anno prima, s’affrettò a detronizzare Radu per preparare il posto a Vlad: i tre strinsero un patto d’alleanza. Nel 1476 Vlad III poté riavere i suoi titoli ed i suoi possessi. Nell’ennesimo scontro contro i turchi, durante l’estate del 1476, Vlad III cadde in battaglia, pare, anzi, che fosse colpito dai suoi stessi soldati che l’avevano scambiato per un turco, poiché indossava un copricapo simile a quello che portavano gli infedeli.

Rimane un mistero sulla sorte delle spoglie mortali del sanguinario principe: forse confuso e perso con gli altri cadaveri? Forse smembrato dai nemici? Una leggenda dice che la su testa fu spiccata dal corpo e poi esposta ad Istanbul. E’, storicamente, più attendibile la versione che il corpo di Vlad sia stato sepolto, con gli onori attribuiti ad un voivoda, nel monastero che sorge sull’isola del lago di Snagov. Nel secolo scorso furono condotte alcune indagini in questo luogo, dall’aspetto alquanto sinistro: in una tomba furono rinvenute ossa umane con resti di tessuto color rosso e bottoni d’argento, che hanno fatto ricordare il ritratto di Vlad III conservato nel castello di Ambras. C’erano anche alcuni emblemi, che indicavano le ossa come appartenenti ad un uomo di alto lignaggio, ma, corrosi dal tempo, non permisero alcuna identificazione. Fatto strano è che questi emblemi scomparvero dal Museo di Bucarest alcuni anni or sono, ma “c’è chi dice” di aver visto, tra questi, un anello con inciso sul turchese l’emblema del Drago. Fantasia o realtà? Prova inconfutabile o semplice indizio?
Tutte queste stranezze hanno contribuito non poco a rinfocolare, nelle fantasie, il mito del Vampiro: la mancanza di un sepolcro di riferimento coincide con la leggenda della non – morte del vampiro, il cui corpo, privo della pace eterna dell’anima, è condannato, nelle ombre delle tenebre notturne, ad errare, non vivo, tra i vivi, da cui suggerebbe il sangue necessario alla sua non – esistenza

Il suo strumento di tortura preferito era l'impalamento.
Adottò questo metodo dai turchi, adattandolo alle sue più specifiche richieste: creò metodi diversi per impalare i ladri, i guerrieri nemici, gli ambasciatori del Sultano, i traditori.
Considerato in Romania ancora oggi un principe di grande potenza, il suo nome ancora oggi è sinonimo di rispetto verso colui che riuscì a portare la regione della transilvania e della moldavia all'indipendenza strappandola cosi dall'impero ottomanno.
L'associazione di Vlad tepes con la leggenda del vampiro è solo una semplice combinazione cinematografica in quanto non ci sono tracce che sia stato un "bevitore di sangue"delle sue vittime. L'impalamento avveniva però nel più brutale dei sistemi, infilzando un palo unto di miele su per l'intestino conficcandolo su fino alla spatola della spalla facendo attenzione che non lesionasse organi vitali, solo cosi la morte dei malcapitati poteva essere più atroce e poteva durare addirittura dei giorni, a quanto sappiamo aveva anche altre tecniche di tortura, comunemente usate nel medioevo, scuoiamento, il rogo, l'allungamento del corpo forzato da una ruota che gira.
• I ricchi venivano impalati stendendoli più in alto degli altri o facendo ricoprire l'asta d'argento.
• Per i mercanti fece incidere delle tacche sull'asta, al fine di aumentare il tempo dell'agonia.
• Nella città di Sibiu, nel 1460 Vlad Ţepeş fece impalare 10.000 persone, e cosparse alcuni corpi con miele per attirare ogni tipo di insetto.
• Nel 1459, durante il giorno di San Bartolomeo, a Braşov, Dracula fece invitare a palazzo alcuni mercanti che avevano mostrato odio e disprezzo nei confronti della sua persona. Decise di farli saziare di cibo e, quindi, fece sventrare il primo e obbligò il secondo a mangiare ciò che il collega, ormai senza vita, aveva nello stomaco. L'ultimo mercante venne fatto bollire e la sua carne fu data in pasto ai cani.
• Nel 1461 un ambasciatore del Sultano turco arrivò nel palazzo, si prostrò ai piedi di Vlad III, ma non si volle togliere il turbante perché rappresentava il simbolo della propria religione. Dracula, irritato da quel gesto, ordinò di inchiodare il turbante alla testa dell'ambasciatore.
• Una leggenda narra che un mercante che si trovava a passare dalla Valacchia chise a Vlad protezione. Il principe gli assicurò che non sarebbe successo nulla di grave. Non appena sparirono 160 monete d'oro dopo la prima notte, il mercante si protesto' da Vlad. Il principe catturo' il ladro e lo impalò, restituì il danaro al mercante. Non gli furono restituite 160 monete ma 161. Il mercante lo fece notare e disse di avere ricevuto una moneta d'oro in più. Successivamente Vlad disse al mercante che se non avesse detto la verità anche lui avrebbe fatto la stessa fine per furto.
• Tra le tante vicende riportate, molte delle quali avvolte di leggenda, forse la più nota è quella relativa all'impalamento di un invitato a pranzo, nei pressi di Brasov, che si era dimostrato sconvolto dalla presenza di tanti condannati agonizzanti sui pali disposti a corona intorno al tavolo da pranzo. l'uomo chiese a Dracula come si potesse mangiare in quelle condizioni e il voivoda senza scomporsi disse: «Vi dà fastidio?» I’ospite annuì e allora, continuando a mangiare, ordinò di impalarlo su una pertica più alta delle altre: « lassù non sarete disturbato», aggiunse con perfidia.
• Pare che in più occasioni Dracula si fosse fatto servire in una coppa il sangue dei condannati; in altri casi inzuppò il pane nel sangue: queste e altre credenze hanno certamente fornito la base sulla quale si formò l'immagine di Dracula il Vampiro.
• Quando si lanciò in un assalto notturno nel buio della Foresta di Baneasa, fra il Danubio e le Prealpi Carpatiche. Con un'inarrestabile carica la sua cavalleria sorprese nel sonno i Turchi: ne vennero ucci-si più di 7.000 e il sultano stesso si salvò a stento, solo grazie al coraggio dei suoi giannizzeri.
Tuttavia le forze di Vlad Tepes erano ormai ridotte ai minimi termini e verso la fine di giugno le armate ottomane giunsero in vista di Tirgoviste. La città era appena stata incendiata perché non cadesse in mani nemiche e davanti alle mura erano stati eretti 20.000 pali con altrettanti prigionieri uccisi (la cosiddetta “foresta degli impalati”).
Secondo la tradizione, questo spettacolo convinse il sultano a ritirarsi, anche perché non poteva più contare troppo sul coraggio dei suoi uomini, terrorizzati da una simile spietatezza.

In queste condizioni, i ladri non erano così comuni in Valacchia. Era detto comune che se a quei tempi una coppa d'oro veniva lasciata nei pressi di una fontana nessuno l'avrebbe presa.
A detta di alcuni a 13 anni, mentre era stato catturato e tenuto prigioniero dai turchi, fu vittima di un’aggressione sessuale da parte del Sultano. Di qui sarebbe partita la sua depravazione: in carcere Dracula ragazzino chiedeva ai secondini di portargli topi e uccelli per impalarli e strappar loro le piume.
C'è anche d'aggiungere che Dracula fu estremamente generoso con chi lo servì ma estremamente crudele con chi lo tradiva. Ma finché egli fosse servito e riverito, nessuno avrebbe dovuto temerlo.

Dracula, uno dei piu famosi personaggi del mondo, e' sempre associate alla Romania, più precisamente, alla Transilvania ( provincia della Romania ), conosciuta come una nebbiosa e misteriosa terra, con molti vampire e castelli. Nessuno dimenticherà questo romantico vampiro, a volte sanguinario, a volte solitario, ma sempre irrequieto.
Nessun altro posto, come la Transilvania, e' identificato con i vampiri, fantasmi e scene di sangue. Bram Stoker rese quest'area famosa facendone il luogo storico del personaggio Dracula, nient'altro che la storica figura della Transilvania, Vlad Tepes.
La Transilvania e' un territorio che si trova al centro della Romania, di fatto, e' il più esteso territorio di questo Paese , circondato da tre parti dalle montagne dei Carpazi.
La leggenda di questo famoso Dracula ha inizio da un personaggio storico che ricoprì un importante ruolo nel quindicesimo secolo in questa parte di mondo. A quel tempo, Enrico sesto e gli inglesi combatterono nella guerra delle Tre Rose, quando l'Ungheria era governata dal famoso re Rumeno Matei Corvin e quando Mohamed secondo cercava di conquistare l'Europa cristiana.
Ragioni diverse causarono la trasformazione del re della Valacchia ( un'altra povincia rumena ) in un attuale vampiro sanguinario.
Il castello di Bran fu usato da Vlad come quartiergenerale per le sue incursioni in Transilvania.

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