CONSIDERAZIONI SULLA "MAGIA"

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BeatAurora
00sabato 3 dicembre 2005 11:51

LA MAGIA TRA ISIDE E ZOROASTRO
di Stelio Calabresi
per Edicolaweb

Imperversano in TV esibizioni di maghi, cartomanti, lettori di oroscopi, sedicenti stregoni, esperti di essoterismo... e chi più ne ha più ne metta; questo fenomeno ripropone, all’attenzione di una grande massa di più o meno sprovveduti teledipendenti, un mistero antico quanto il mondo: quello della Magia.
Il fenomeno in sé non è preoccupante: è, tutto sommato, abbastanza innocuo, se resta al di fuori del Codice Penale e se fornisce al prossimo una illusione di felicità in questo fine secolo travagliato da bagliori di guerra. È, però, sbagliato pretendere di trovarvi delle verità assolute e improponibile il tentativo di volerne fornire una spiegazione razionale o una giustificazione, di tipo oggettivo.
La magia, nella pratica, trova una spiegazione esclusivamente in un atteggiamento di tipo fideistico o nella superstizione. Nella teoria, una spiegazione resta possibile solo sul piano esoterico-ermetico: ma è tutt’altra cosa rispetto a ciò che viene spacciato.
Un diverso atteggiamento non può che indurre ad un generalizzato, quanto ingiustificato, sentimento di rigetto con il quale i soliti benpensanti bollano la magia trattandola come cosa "da pazzi", estranea all’uomo, contraria a considerazioni di ordine intellettuale ed etico e, per ciò stesso, da condannare.
A me sembra che anche questo sia illogico come assurdo è bollare di "stupidaggine" (o peggio) una qualsiasi manifestazione dell’intelletto umano antico quanto l’uomo.

È un dato di fatto che la magia sia la più antica via di approccio ai misteri della natura, sì da essere praticata dai tempi in cui l’uomo si raccoglieva intorno ai megaliti a Stonehenge o a Carnac.
Certo, oggi non suscita alcuna meraviglia l’ipnosi e la suggestione postipnotica, fenomeni di premonizione ed elettromagnetismo, lo scoccare del fulmine o ipotesi di mantica indotta o provocata. Il nostro atteggiamento culturale rispetto ad un evento è semplicemente il segno di un’evoluzione che alle origini era di adesione incondizionata alla magia.
Una consuetudine radicata da millenni non può essere liquidata senza un approfondimento né accettata, all’inverso, come posizione acriticamente fideistica.
Ma comprendere non è né facile né agevole: perché la sua essenza è - come diceva Fulcanelli - il "mistero" e noi siamo portati a negare e rifiutare ciò che non comprendiamo.

Cerchiamo, almeno, di intenderci sul significato dei termini di "superstizione", "mago" e "magia".

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BeatAurora
00sabato 3 dicembre 2005 11:53
LA TERMINOLOGIA DELLA MAGIA

("SUPERSTIZIONE", "MAGIA", "SCIAMANO")

La parola "superstizione" ci proviene dal latino "superstes" (= ciò o colui che sopravvive). L’occultista Eliphas Levi, nella sua "Storia della magia", chiarisce che con questa parola ci riferiamo, normalmente, "alle forme religiose che sopravvivono alle idee perdute, che hanno ragion d'essere in una verità che non si riconosce più come tale o che è stata trasfigurata nel tempo".
Si pensi, ad esempio, al culto della dea Venere che sopravvive nella parola "venerdì" (era il giorno a lei sacro); nella considerazione del carattere infausto del venerdì; d’altro canto nel venerdì sopravvive il ricordo dei misteri della morte (i Giudei, ed i napoletani, ritenevano che in tale giorno non si dovesse dare inizio ad alcuna opera); nel carattere infausto del numero 13 (al punto che negli USA il numero non compare nella numerazione dei piani di un edificio) è la sopravvivenza del suo significato Kabalistico (rappresenta la morte) e così via.

La parola "Magia" ci è giunta attraverso il greco "mageia" e questo, a sua volta deriva da due radici sanscrite: "ma" e "ghe". Della prima radice ritroviamo traccia nel pelvico "mag", "meg" (= sacerdote) che corrisponde allo zendo "maz" (= grande, Dio), "maga" (= grande) ed al sanscrito "mah", "magha" (entrambi nel senso di grande). Si noti anche che in sanscrito "maja" significa intelligenza e trova la base nel radicale ario "mâ" (= pensare, creare). La seconda radice indica, per converso, la Terra; da qui il significato greco della Magia intesa come riferita alla Madre Terra.
La Madre Terra (proveniente dal nome anatolico della divinità Kubàla o Kubàba) divenne, in prosieguo di tempo, Cibele, icona della fertilità della natura, alter ego al femminile del toro primordiale che rappresentava la forza fecondatrice. Nel mito emerge la caratteristica matriarcale delle società e delle culture primitive: perché l’elemento femminile - attraverso la procreazione - costituiva la garanzia della continuità delle specie che veniva celebrata nei misteri eleusini.
Il rapporto con la Madre Terra era sia fisico che intellettuale e consentiva all’uomo, per il tramite dello sciamano, il contatto col divino. L’uomo preistorico lo sacralizzò con la venerazione delle pietre considerate "ossa della Terra". Le culture ed i grandi monumenti megalitici - da Stonehenge a Tiahuanaco - erano tutte incentrate su questa venerazione; nei megaliti si incarnava la possibilità di stabilire un vero e proprio contatto fisico con la forza [ri]generatrice della Madre Terra.

"Sciamano", viceversa, è parola tungusa (corrispondente al turco "Bogä"). Oggi la parola indica, con valore generale, lo stregone, il "medicine-man" proprio delle culture primitive asiatiche, australiane e nordamericane. Ma, come ci dice Philippe Conrad (ne "La civiltà della steppa") le sue caratteristiche sono quelle di un guaritore e di uno specialista dell'estasi, cioè una sorta di esperienza extracorporea (si pensi a taluni fenomeni ESP come la bilocazione: appare straordinario che il cosiddetto dono dell’ubiquità sia sopravvissuto come caratteristica della santità; ricordate S. Antonio?).

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BeatAurora
00sabato 3 dicembre 2005 11:55
DEFINIZIONE DI MAGIA

Mi domando, allora, se sia possibile dare una definizione razionale di "Magia".
Stando all’opinione di Eliphas Levi, sopra riferita, la Magia sarebbe una sopravvivenza (cioè una "superstizione") e, al tempo stesso, la prova che le antiche credenze avrebbero avuto una loro validità in un momento in cui non erano divenute superstizioni.

È difficile dire cosa sia oggi la magia perché a molti dei fenomeni ad essa (la cosiddetta "Magia naturale") riferiti sono stati riconosciuti i crismi della scientificità; la Magia ha sempre vissuto in quella zona grigia (che gli anglosassoni definiscono "twilight zone"), tra la consapevolezza e l'immaginario.
Lo studioso Sir James Frazer (ne "Il Ramo d'oro") ha affermato che la magia si sostanzia in un dominio su forze impersonali, al contrario della religione che comporta la subordinazione a forze sovrumane ma personali.
La scuola sociologica francese identifica la religione con un atteggiamento comunitario di fronte al sacro e, di conseguenza, bolla la magia di atteggiamento antisociale (l’esempio è quello della cosiddetta "magia nera" o "goetia").
In particolare Marcel Hauss ed Henri Hubert ("Ésquisse d'une théorie générale de la magie") vedono nella magia un tentativo di impossessamento virtuale di forze sovrannaturali.
I maghi, per la loro caratteristica di esclusività si costituiscono in una casta chiusa di adepti.
La magia diviene, così, il regno dell’ambiguità: è, al tempo stesso, morale ed immorale; buona e cattiva ecc. (gli stessi Magi soggiacquero, fuori dell’Iran, a tale ambiguità, praticando un cattiva magia).

Si dice comunemente che "Mago" è colui che padroneggia l'uso ed i poteri degli esseri, delle cose, delle idee: in una sorta di simbiosi tra magia e scienza il mago esperimenta di entrambe la più intima natura. Egli, in altri termini, è il "sapiente" la cui conoscenza - diversa da quella scientifica - si estende al di là del mondo spirituale.

Orbene: tutte queste teorie, a causa della loro descrittività. portano alla inevitabile conclusione che una definizione di "magia" risulti impossibile sotto un profilo oggettivo. È un fatto che qualunque tentativo di definirla ha un senso solo in un ambito storico-descrittivo, cioè con riferimento ai vari momenti storici, in relazione a "chi" la pratica, al "dove" viene praticata e soprattutto al "perché".
Questo modo di considerare il problema ha, almeno, il pregio di spiegarci perché i maghi sono stati sempre oggetto di considerazione ma con nomi diversi nel corso del tempo: in Grecia essi furono i Magousaioi; in Iran furono Iâtukân (stregoni); in Persia ed Arabia furono Hashishin e, in generale, furono e sono Sciamani in vari luoghi della terra.
Ebbene, a dispetto di ogni tentativo di classificazione, dobbiamo accettare il fatto che non si tratti di figure diverse. Tutti hanno in comune il presupposto della "iniziazione magica" (fenomeno tipicamente esoterico di trasmissione di conoscenza iniziatica altrimenti inesprimibile) e sono caratterizzati dalla posizione istituzionale che i comunque maghi assumono all’interno del rispettivo gruppo sociale.
Prendiamo ad esempio lo sciamano, del quale possediamo, fuori dai miti, l’unica documentazione esistente.
Lo sciamano si forma durante un periodo di apprendistato nel quale un anziano fornisce le necessarie conoscenze mediche, astrologiche, magiche; la sua consacrazione ha luogo attraverso riti iniziatici (culminanti in una guarigione magica o in una esperienza extracorporea): l’iniziazione segna la nascita di un uomo nuovo (cioè, letteralmente, un "adepto"), purificato, capace di leggere nelle stelle, di parlare il linguaggio segreto della natura, di garantire al clan un contatto col divino, magari con l’ausilio di droghe.
Lo sciamano, in altri termini, garantisce al gruppo sociale una funzione di "medicine-man" ma, soprattutto, una funzione sacerdotale in senso stretto, cioè una intermediazione tra umano e divino attraverso l'estasi (non a caso si sostiene che gli sciamani sia Teurgi specialisti della arcaica tecnica dell'estasi).
In corrispettivo gli viene riconosciuto, nell’ambito del gruppo sociale di appartenenza, un ruolo di assoluto predominio.
È questa, infatti, la posizione che riveste il sacerdote-sciamano nelle società mesopotamiche, egiziane ed israelitiche. Come afferma Serge Sauneron, l’istituzione sacerdotale va ricercata "...nel grande silenzio della preistoria, al tempo in cui il capo tribù, che incarnava in se stesso la forza vitale di tutto il suo clan, interprete della volontà del dio e agente della sua azione, era responsabile della vita materiale dei suoi sudditi, onnipotente riguardo alle forze naturali ch'egli dominava con il suo potere magico illimitato".
BeatAurora
00sabato 3 dicembre 2005 11:57
UNA POSSIBILE "STORIA DELLA MAGIA"

È possibile, allora, tracciare una storia della Magia?
Credo proprio che al quesito si debba dare risposta affermativa anche se è arduo definire una metodica storica.
Per il più volte citato Sir James Frazer, la storia della magia passa attraverso tre fasi: la più antica basata sul suono (si pensi alla "cantillazione" dei testi sacri del Medioevo), la seconda sulla parola (si pensi alla recitazione rabbinica o islamica dei testi) e la terza - la più recente - sull'oggetto.
In questa terza fase si sviluppa il "libro magico" nel quale è contenuta "la Parola" per eccellenza, quella che - secondo il Talmudista - conferirebbe il potere di compiere miracoli. Conoscere la "parola" equivale a possedere la Magia stessa il che equivale a dire possedere i poteri propri della divinità (mediante la Parola il rabbino Lew infonde la vita al Golem).
La parola è perciò segreta, non rivelabile né altrimenti carpibile per il non iniziato. Se scritta, la forma è quella dell’enigma ("steganogramai") comprensibile solo agli iniziati i quali possono così parlare senza che altri possano intendere (dice Paolo: "chi ha orecchie per intendere, intenda", I Corinzi).
Un cospicuo esempio di scrittura steganografica è il "Mutus Liber", un rarissimo manuale alchemico-magico del XVII sec. Non contiene altro testo scritto al di fuori del titolo e di una dedica al lettore, corredato da 15 incisioni rappresentanti i passaggi della trasmutazione alchemica. È attribuito ad un certo Altus il cui nome è criptico: alcuni vi leggono un anagramma di Sulat (Jacobus). L’unico a poterlo interpretare si dice fosse Nicolas Flamel e la moglie Perrenelle.
Di non minor fama godettero il "Libro di Abramo l'Ebreo" e le opere del misterioso Fulcanelli ("Il Mistero della Cattedrali" e "Le dimore Filosofali").
Secondo il Frazer, quindi, la magia - soprattutto quella medioevale - è, in ordine di tempo, l’ultima sopravvivenza (superstes) dell’esoterismo gnostico, e dei Misteri pagani (orfici, eleusini, isiaci, bacchici, mitraici) tutti legati alla elementare magia della Madre Terra.
Questa considerazione, è vero, non spiega l’essenza del fenomeno "magia" in senso oggettivo, ma ha il merito di spiegarci le origini e lo sviluppo di Grimoires e Clavicole quale tentativo di trasferire le formule magiche (parole) su un supporto permanente (Libro). Ma vi ritorneremo tra breve.
Al di là di questo merito la spiegazione del Frazer non convince proprio quanto alla "storicità". La magia della parola, ad esempio, non è affatto "recente": essa, di fatto, risale alla più lontana antichità tant'è che per alcuni sarebbero state esigenze di magia ad innescare il processo di invenzione della scrittura.
In epoca pre-dinastica a Thoth è attribuita sia l’invenzione della parola che della scrittura. In epoca di poco più recente Mosè cerca di conoscere, attraverso la parola, chi si cela nel roveto ardente.
Al di là di queste considerazioni che stanno tra mito e storia, consideriamo pure che tutte le scritture più antiche tendono a qualificarsi come sopravvivenza di una scrittura "magica". Il dualismo "Scrittura" e "scrittura magica" dà vita ad un equivoco nel quale finisce anche lo studioso Athenase Kircher che finì con l’identificare un alfabeto "sacro" nel contesto, di quella che era una scrittura pura e semplice per quanto geroglifica. Fino a Champollion si continuò a considerarla magica quasi a conferma di quanto contenuto nei miti in cui gli egiziani, con motivazioni di ordine esoterico, accreditavano un carattere magico ai testi dell’altrettanto mitico "Libro di Thoth".
Orbene la magia egiziana, che a quanto ne sappiamo era esclusivamente magia della parola, confluì con analoghe caratteristiche in quella mosaica e, da qui, passò nell’esoterismo cristiano (si rifletta sul passo del Vangelo di S, Giovanni 1.1 "in principio era il Verbo", ma si veda anche il passo del Vangelo secondo Marco 8,22-26).
La difficoltà di delimitare l’ambito storico della magia deriva, in effetti, dal tentativo di darne una definizione descrittiva. Questo tentativo, in senso esoterico, è un vero e proprio sacrilegio perché equivale alla pretesa di razionalizzare il "mistero". E gli antichi ci narrano di personaggi incorsi in un vero e proprio linciaggio per aver tentato la profanazione dei Misteri. Orfeo viene ucciso dalle Menadi proprio nel tentativo di violare i misteri bacchici.
Seguendo M. Bussagli e Arnold van Gennep, contentiamoci di notare che la "magia" è un fenomeno universale al pari della "religione"; ma la "Magia" se ne distingue rispetto all’ambito di operatività nel senso che, mentre la religione concerne attività teoretiche, la magia si occupa esclusivamente di attività pratiche. Tuttavia entrambe utilizzano forze misteriose capaci di modificare l'ordine delle forze naturali e sono, quindi, suscettibili di incidere sia sulla storia individuale sia su quella collettiva (in questo senso la universalità della magia è dimostrata dallo sciamanesimo, dal Taoismo e dall'Alchimia cinese, dalla filosofia vedica e dallo Yoga indiano, dal Tantrismo buddhista e induista...).
Se poi vogliamo soffermarci sulla storicità in senso stretto non possiamo ignorare che, ove si faccia eccezione per il Papiro "Ebers" (cosiddetto "papiro magico"), abbiamo ben pochi documenti che appartengano a questa prima fase. E lo stesso discorso vale per ciò che riguarda le antichità mesopotamiche (fatta eccezione per le raccolte di "presagi reali" di Mari). Delle più cospicue testimonianze dell’antica ritualità magica la memoria si è conservata attraverso fonti iconografiche che riproducono la gestualità di riti figurati da danzatrici (come nel caso degli affreschi di Villa dei Misteri di Pompei): a loro spettava il compito di procurare, secondo la religione brahmanica, la discesa del divino tra gli uomini.
Nella tradizione egiziana la storia della magia ha inizio dalla instaurazione di un principio di continuità che produrrà effetti fino al XIX secolo d.C. e che non può essere ignorato o comunque passato sotto silenzio.
Iside, il prototipo dell’eterno femminino, resta vedova ancora Vergine perché Set uccide, smembra e disperde le parti di Osiride. Ella le ritrova tutte ad eccezione del fallo ingoiato del maledetto pesce del Nilo, l’ossirinco. Durante la ricomposizione del corpo di Osiride, per opera di Magia, concepisce Horus, l’Arpocrate, vendicatore di Osiride. Il nome di Iside è, in egiziano, Aset descritto dal geroglifico:


Il Geroglifico di Aset


ma Iside possiede anche un nome segreto (noto forse solo a File ove una casta di maghi ne celebrava i misteri) che le era stato rivelato dal padre Râ. È questo nome nascosto che la fa signora della Magia oltre che Madre del Dio Horus e del sovrano-Dio: il Faraone.
Iside, di solito, viene rappresentata sul trono nell’atto di allattare l’Arpocrate o accosciata sull’Oro (lo sgabello reale).
Ebbene gli attributi della verginità, del concepimento per magia (oggi diremmo partenogenesi), il fatto di essere quasi sempre assisa sul trono nell’atto umano di allattare Horus, nel Medio Evo, ne fecero il prototipo della Vergine Madre di Dio, perpetuata come fa rilevare il Fulcanelli (ne "I misteri delle Cattedrali"), nelle "Vergini nere" della tradizione cristiana, custodite nelle cripte delle Chiese.
Questa tradizione si è conservata e perpetuata anche nel mondo Cristiano sicché, in pieno XIX secolo Manzoni parla ancora di "Vergine madre, figlia del tuo Figlio".

Né sfugga la circostanza che della magia della parola si è conservata memoria, in occidente, attraverso le pagine del Vangelo (basterà pensare all’episodio già citato della guarigione del cieco dove la parola compie il miracolo ma la gestualità ne esprime l’essenza profondamente esoterica).
Ma, ancor prima degli eventi del passo evangelico, in Grecia, dio dell'iniziazione era Iacco "...il vincitore dell'India, il risplendente androgino dalle corna di Ammone, il Pantèo che tiene la coppa dei sacrifici e vi fa scorrere il vino della vite universale...."; figlio della folgore e domatore di tigri e leoni. Iacco, ipostasi di Apollo, riproponeva la magia del suono che poi sarà di Orfeo.

A Roma l'origine della Magia è misterica e Roma ne fu debitrice a Numa Pompilio. Secondo la tradizione esoterica, questi fu un iniziato, conoscitore degli influssi astrali sulla vita che insegnò agli auguri, ai flaminii, ai salii, la teoria dei "presentimenti" caldaica. A lui viene ascritto il merito di portare nella magia l'elemento femminile, isideo.
Numa Pompilio ebbe, come consigliera, la Ninfa Egeria, divinità del mistero e della solitudine; a lei o al suo influsso si fa risalire l’istituzione del Collegio delle Vestali d’onde Iside uscì dalla schiavitù per divenire divinità domestica.
Eliphas Levi ci ricorda che "Il fuoco sacro delle vestali era il simbolo della fede e dell'amore casto ma anche quello dell'agente universale (sale o folgore), già usato per riaccenderlo o ravvivarlo". La loro verginità, virtù di origine divina e soprannaturale, ne conferma la natura magica.
In contrapposizione, ed in odio alla verginità, la magia nera (la "goetia") spargeva il sangue delle fanciulle: il loro sangue aveva virtù sacre ed espiatorie.

Fin qui i miti. Cosa c’è di storico?
Solo un dato di fatto: i monumenti dell'antichità rispondevano ai principi della geomanzia la cui massima espressione erano le cosiddette sette meraviglie, veri e propri pentacoli magici di altrettante divinità.
Ma è nel passaggio dal mondo pagano a quello cristiano che a Roma si registra il primo episodio di Magia documentato: quello di Simon Mago. Un Taumaturgo con poteri medianici, ma non un iniziato all’Alta Magia di cui si impadronì la leggenda (che sembra confermata dai Convulsionari di S. Medardo).
Nato probabilmente in Samaria, ebbe come maestro un certo Dositeo che si autodefiniva "inviato di Dio" (Messia). Contestato dalla predicazione di S. Filippo, credette di poter acquistare a pagamento (d’onde la canonica condanna della "simonia") da S. Pietro poteri superiori.
Recatosi a Roma si dice entrasse nelle grazie di Nerone che avrebbe accettato di organizzare un disputa con Pietro e Paolo nel corso della quale tragicamente trovò la morte.
Le notizie sono incerte: si parla di un successore di Simon Mago, un certo Menandro, ma si sa solo che i menandriti esistevano ancora all'epoca di S. Giustino e che affermavano di essere immortali al punto di consideravano la morte un'apostasia.
Arriviamo al Medioevo e troviamo, nel 424, Sigeberto che dette il via ad un embrione di "politica" ecclesiastica sul tema della magia: egli formulò le leggi saliche che, in certi punti (quando condannano l'antropofagia), ricordano passaggi del Talmud. Ma le leggi saliche erano leggi barbariche e affrontavano il tema solo in superficie sicché, ad esempio, il problema della stregoneria venne affrontato per la prima volta nel Concilio di Agades del 511 allorquando vennero vietate le operazioni divinatorie.
Il Concilio di Narbonne del 589 scomunicò gli stregoni assoggettandoli a schiavitù senza tuttavia riuscire a frenare il fenomeno (si diceva che sarebbero stati maghi anche Maometto, Carlo Martello, Pipino il Breve).
Una curiosità: un decreto di Carlo Magno, rinnovato da Luigi il Bavaro, vietava alle silfidi di farsi vedere (!!).

Dopo questa digressione storica possiamo tornare all’antico, al culto della Madre Terra per constatare che il mago, lo sciamano era senz’altro un uomo dotato di una sensibilità particolare in virtù della quale poteva percepire, in misura maggiore degli altri, lo scorrere nella terra della forza vitale individuando i punti in cui essa fosse più prorompente (premessa sulla quale si fonda la Geomanzia, ma anche la Rabdomanzia): sta’ di fatto che i Leys (i grandi allineamenti megalitici che spesso attraversano l’Europa ed i mari), sono rimasti le uniche sopravvivenze di un "maga" che l’uomo moderno ha perduto: quello di immedesimarsi, di assorbire e forse di utilizzare le forze stesse della natura senza intermediazioni tecnologiche.
Fu questa, in origine, la "magia naturale" della quale è sopravvissuta una memoria ancestrale, pur essendosene persa la facoltà.
La sostituzione allo sciamano (cioè al medicine-man) dello stregone ha agito in modo inconscio come un tentativo di ripristinare quelle condizioni su un diverso piano di consapevolezza.
Su questa base possiamo tentare di rivedere alcune delle convinzioni più tradizionali. Ritorniamo allora ai libri magici.

I Libri magici comprendevano "Clavicole" per la Magia Alta (quella che consente di raggiungere un alto grado di illuminazione mediante facoltà che si acquisiscono in complessi riti di iniziazione) e "Grimoires" per la Magia Bassa (quella dei filtri, delle pozioni, delle fatture ecc.) e per la Magia Nera (che si attua mediante l'evocazione di spiriti infernali). Il loro insieme è stato definito dalla Chiesa "Biblioteca del Diavolo".
Tanto per intenderci diremo che la parola "Grimoires" è una corruzione del Francese "grammaires" (= grammatiche) in Italiano spesso tradotta con "Grimori". "Clavicola" deriva dal latino "clavicula" (= piccola chiave) che Eliphas Levi identifica (in particolare quella di Salomone) con le forze, rappresentate da segni (simboli) per la evocazione degli spiriti e, soprattutto, per la protezione dell’operatore nel corso di esperimenti sulle scienze occulte.

BeatAurora
00sabato 3 dicembre 2005 12:00
L’ATTEGGIAMENTO DELLA CHIESA

Ma da dove scaturisce l’atteggiamento persecutorio della Chiesa rispetto ad un fenomeno che era stato già definito di mera superstizione?
In effetti la Chiesa ebbe, fin dalla origini, il problema dell’esistenza di libri apocrifi (cioè di libri non rivelati). Stranamente il problema si acuì proprio quando sembrava chiuso con la definizione - sia ad opera dei giudei che dei cristiani - del cosiddetto "canone".
Tuttavia, fino al 1233 (anno di creazione della Santa Inquisizione) non esistette una vera "politica" di lotta a questo tipo di letteratura. Si osteggiò questo o quel libro di magia o di stregoneria perché, alle origini era generalizzato un atteggiamento di tolleranza verso la magia - come verso la superstizione, in parte indotto della Bibbia (nel Corano è tollerata la sola superstizione).
A ben considerare appare rilevante sottolineare che buona parte delle tradizioni magiche (soprattutto la pratica delle cosiddette "fatture") proviene dal Vicino Oriente pagano (tipico è il cosiddetto "occhio greco", amuleto di smalto, che allontana le fatture recitando la formula:


"Ein al hasod tibla belama"
(= che l'occhio che mi invidia si spenga).

Non a caso, più o meno nello stesso periodo (tra la fine del XIII e l’inizio del XIV sec.), si definisce in Spagna il mazzo di Tarocchi che dedica al Mago ed al suo immaginifico mondo, la Carta del "Bagatto".

La radicalizzazione di una vera e propria posizione di lotta ebbe luogo solo a partire dal 1557 (con la bolla di Gregorio IX istitutiva dell’"Index Librorum Prohibitorum") e dal 1575 (con l’istituzione da parte di Papa Pio V, della "Congregazione dell'indice", comitato di censori sopravvissuto fino al 1917: è a questa Congregazione che si deve l’iscrizione nell'indice, tra le altre, delle opere di Raimondo Lullo, Cornelio Agrippa, Gerolamo Cardano fino a comprendervi opere letterarie che non avevano nulla a che vedere con la magia come quelle di James Joyce).
Le ragioni di tale mutamento di atteggiamento sono abbastanza chiaramente ricavabili dal seguente passo di Cornelio Agrippa che vi intravede chiare sopravvivenze di origine pagana:

"Allorché qualcuno con voti e incantesimi invoca il sole o altre stelle, pregandoli affinché siano d'ausilio all'opera desiderata, il sole e le altre stelle non odono le sue parole, ma sono mossi in una certa maniera da una certa congiunzione ....; ragion per la quale le parti del mondo sono reciprocamente subordinata l'una all'altra e hanno un reciproco consenso a cagione della loro unione. Come nel corpo di un uomo un membro si muove percependo il movimento dell'altro, così, quando qualcuno muove una qualsiasi parte del mondo, altre parti si muovono alla percezione del movimento di quella. La conoscenza dunque della dipendenza delle cose l'una dall'altra è il fondamento di tutta la meravigliosa operazione che è di necessità richiesta per l'esercizio del potere di attrarre virtù superiori."

Le opinioni al riguardo sono varie e difformi: ad esempio per il Levi la proscrizione della magia avrebbe avuto luogo "...a causa delle profanazioni e dell'empietà degli gnostici ... I processi ai Templari acuirono la rottura e, dopo quel periodo, ridotta a nascondersi nell'ombra per meditare la sua vendetta, la magia proscrisse a sua volta la Chiesa ... Più prudenti degli eresiarchi ... gli adepti dissimularono il loro risentimento e la loro dottrina; si legarono tra di loro con giuramenti terribili."

Qualunque ne fosse la causa, la posizione di intransigenza della Chiesa fece fare alla magia (ed alla stregoneria) un vero e proprio salto di qualità, facendola uscire dall’anonimato della superstizione dove si era comunque conquistate talune benemerenze. Infatti, come ci ricorda Peter De Rosa (ne "I vicari di Cristo") la magia, in quanto superstizione, "...è sempre stata una costante nel viaggio dell'uomo dall'ignoranza alla cultura".
Nella Chiesa dei primi tempi il canone si limitava a suggerire che ai fedeli si spiegasse che magia era sinonimo di superstizione come espressamente sottolineato dal Concilio di Ancyra del 314 (conformi le dichiarazioni dei canonisti Regino, Burcardo ed Ivo).
La prima, brutale inversione di tendenza si ebbe, in effetti, con la citata bolla di Gregorio IX del 1233.

MAGHI E MAGI


Nella concezione storica il termine "mago", nella forma plurale "Magi", indicava essere cosa diversa dal "mago", nella forma plurale Maghi. Di questi ultimi abbiamo già parlato.
Magi erano i sacerdoti medio-persiani e il termine indicava genericamente l'uomo sapiente. Questa concezione faceva sì che il concetto di magia venisse riportato al suo originario significato etimologico. In esso venivano infatti introdotti gli attributi della divinità, quelli dell'uomo deificato e quelli della trascendenza (ad esempio la divinità indiana Mahadeva significa "sacerdote-dio" e "grande Dio", ovvero "verità-Dio"). Ne consegue che solo in senso molto lato il termine indicava coloro che esercitano la magia (plurale maghi).

Nella forma abitualmente nota, la parola ci è pervenuta dal greco Makoi. Storicamente essi divennero noti come iranici di cultura Zoroastriana, indovini cui, secondo la testimonianza di Clemente di Alessandria (in Stromata), venivano attribuite straordinarie conoscenze astrologiche. Nel lungo arco di tempo della loro storia finirono con l’acquistare le caratteristiche negative che, per solito, caratterizzano i "maghi": le lusinghe e le ambiguità della loro scienza li fecero diventare Magousaioi, Yâtucân o Hashishin.

Nonostante la loro attesa del "Messia" più che alla tradizione cristiana la posizione dei Magi può essere accostata all’attesa del Sausyant, inviato del dio Mithra cioè l’atteso sia dello Zoroastrismo che del mithraismo di volta in volta individuato nel Soccorritore, Salvatore, Messia, Buddha del futuro e Bodhisattva Maitreya.
Ma la leggenda dei Magi finì col generare prodotti del tutto insospettabili: l’Atteso, attraverso le legioni romane, tra il II ed il III secolo d.C. si diffuse nell'impero romano fino alla Scozia e, sull’altro versante, fino alla Cina.
Il principale simbolo del Bodhisattva, il vaso che contiene la bevanda dell'immortalità, in Scozia si trasformò nel Graal; all’altro capo del mondo Maitreya dette vita al Miroku Giapponese, mentre, nelle altre parti dell’Impero, nel corso del IV secolo, determinò la comparsa dello Oxuartes di Arriano e di Diodoro Siculo, all'iraniano Uxyat-Ereta.

I Magi, nelle loro più estreme manifestazioni finiscono col confondersi con l’Alchimia e con l’occultismo.
Al primo aspetto si legano per la loro conoscenza delle forze simbolizzate dal fuoco pantomorfo ("Leone Celeste" o "Ignis innaturalis" della tradizione alchemica) e la padronanza del potere creativo ed evocativo della parola (E. Schuré, "I Grandi Iniziati", che riporta anche estratti della "Teurgia di Proclo").
Nell'esoterismo gnostico di ispirazione rosa+crociana, i Magi della tradizione cristiana divennero i rappresentanti delle tre razze: bianca, gialla e nera tutte unite nella ricerca del Salvatore come affermò Max Heindel ("Il Mondo magico dei Rosacroce").
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