Adolescenza

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
flora2
00domenica 20 febbraio 2005 15:29
Per motivi di lavoro ho avuto a che fare con degli adolescenti o poco più, quello che mi è saltato agli occhi è la mancanza di consapevolezza di qualsiasi cosa facciano, l'arroganza nel modo di porsi, la superficialità e la mancanza assoluta di valori.
Certo non voglio dire che siano tutti così i nostri adolescenti, ma confrontandomi con altre persone ho avuto l'impressione che l'idea fosse la stessa.
Certo l'adolescenza come fase di vita è sempre stata difficile e a volte traumatica.
Questa adolescenza mi sembra diversa dalla mia o forse la diversità della mia visione dipende dagli anni che -ahimè_ sono passati per me.
Quell'aggressività che in qualche modo, oggi come allora, caratterizza i caratteri degli adolescenti, un tempo rimaneva circoscritta nll'ambito strettamente familiare; un'aggressività che nasceva dalla voglia e dal desiderio di autonomia che si cercava di raggiungere in mille modi. Atualmente e anche leggendo tanta cronaca mi sono accorta che questa aggressività ha travalicato l'ambito familiare per diventare un fattore oserei dire sociale, nel senso che sempre più si riserva all'esterno dell'ambito familiare per aggredire coetanei o comunque soggetti fuori dalla cerchia.
Mi rendo conto che essere genitore è difficile, ma mi chiedo se tutto ciò dipende da una diversa educazione familiare o da una eccessiva influenza di tanti fattori esterni su delle personalità in fase di crescita. Cosa è cambiato per noi genitori, cosa non riusciamo a dare ai nostri figli?
O forse "Il troppo" che hanno stroppia? Oppure pensiamo di poter riempire certi vuoti affettivi con la "roba"; o diventiamo genitori senza una vera cognizione di quello che voglia dire essere genitore?
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate.

Flora
Outrage1
00domenica 20 febbraio 2005 16:36
Adolescenza

Circondati dal benessere, gli adolescenti hanno perso di vista i principi di un’esistenza semplice e solida.

In un Paese come il nostro, ricco come mai nella storia e con un tasso di disoccupazione in media europea, le famiglie vivono, mediamente, in uno stato di discreto benessere, immerse, come sono, in un mare di automobili (sono ormai 32 milioni, pari a due veicoli ogni tre abitanti!), motorini, televisioni, computer, cellulari, videogiochi e magari anche seconde e terze case. Di riflesso, i giovani godono di una situazione estremamente favorevole. Vivono in famiglia il più a lungo possibile, felici di essere curati e protetti ma non controllati né limitati in alcun modo; ricevono un'alimentazione abbondante e variata, possono studiare a lungo, ritardando a loro piacimento l'ingresso nel mondo del lavoro, praticano sport, viaggiano ed, infine, hanno rapporti agevolati con l'altro sesso per cui anche da questo punto di vista sono largamente appagati. Sembra la ricetta della felicità!
E invece non è così. In questo nuovo Paese di Bengodi, i giovani rivelano una “sofferenza di vivere” che era pressoché sconosciuta agli adolescenti di 30 o 40 anni fa, che non possedevano quasi nulla, vivevano in un ambiente familiare e sociale povero, autoritario e fortemente impositivo e non avevano certo di fronte a loro grandi prospettive di lavoro e di successo. Eppure questi ragazzi erano pieni di entusiasmo e di voglia di vivere.

Viene allora il sospetto che i giovani siano, in realtà, più poveri oggi di allora, poveri di spirito e di sentimenti forti, privi di tradizioni da amare e da rispettare, senza nessun rapporto con il passato (qualcuno ha detto che “chi non ha un passato non ha un futuro”), incapaci di comprendere e di accettare il mondo degli adulti, che appare loro privo di valori morali e capace solo di offrire modelli di consumismo sfrenato. Un mondo in cui all'antico detto “Cogito ergo sum - Io penso quindi esisto” se ne è sostituito un'altro “Io consumo, quindi sono”. Il che, per un giovane che si affaccia alla vita, è veramente un po’ poco!
D'altronde, nella maggior parte dei Paesi industrializzati, si è ormai creato un mondo meccanico, pieno di tecnologie sofisticate, ma privo di qualsiasi altro fine che non sia quello di condurre un’esistenza più comoda ed appariscente possibile. Un mondo di personaggi che ha un unico scopo: guadagnare, ad ogni costo, sempre più denaro per poter comprare sempre più oggetti, spesso inutili; un mondo senza più dignità né orgoglio, dove violenza , arroganza e sopraffazione hanno largamente soppiantato le vecchie e nobili virtù “borghesi” della tolleranza, della pazienza, della modestia e dell'onestà. Dove sono finiti i miti che, pur con i loro limiti e talvolta le loro degenerazioni, avevano pur sempre dato un significato alla vita.
Tra l'altro, da tutto questo deriva che, nel nostro mondo tecnologico senza anima né cultura, non c'è neanche più posto per i bambini. Infatti, in poco più di un decennio, il numero delle nascite per anno si è ridotto, nel nostro Paese, ad un terzo (da un milione e mezzo a mezzo milione circa) ed è stato ormai superato dal numero dei morti.
Ed allora come meravigliarsi che gli adolescenti si ammalino, fino a morirne, di “mal di vivere”? Ormai, le casistiche e le denuncie relative ai problemi dei giovani rappresentano un argomento tristemente e grandemente attuale. E' un dato acquisito che il numero dei suicidi nei giovani in età inferiore ai 24 anni è aumentato a dismisura; la depressione colpisce il 10% dei ragazzi ed il 40% di questi finisce preda della droga; il 10% delle ragazze soffre di gravi disturbi del comportamento alimentare (vedi anoressia o bulimia). L'uso abituale di sostanze stupefacenti riguardava, in una statistica relativa all'anno 1998, un migliaio circa di bambini di età inferiore ai14 anni, 15mila ragazzi tra i 15 ed i 17 anni e 57mila giovani tra i 18 ed i 20 anni.
Se a questi dati, già sconfortanti, si aggiungono quelli paurosi dei morti e dei feriti per incidenti stradali in auto o in motorino (15-20 morti ogni fine settimana nelle cosiddette “stragi del sabato sera”) ne risulta un quadro impressionante che giustifica l'amaro detto “l'adolescente ammala poco ma muore molto”. Perché tutto questo? Come abbiamo visto precedentemente, i motivi sono tanti e del tutto noti Le soluzioni, però, sono assai più difficili.

Outrage





perladisaggezza
00domenica 20 febbraio 2005 17:21
Purtroppo è così.


Mi ritrovo perfettamente nelle tue parole Flora.

Non conosco la ricetta per migliorare il mondo adolescenziale ma di certo l'atteggiamento del "tutto mi è dovuto" è strettamente legato alla mancanza di umiltà.
Non so se ricercare colpe nei genitori (che per ragioni anagrafiche siamo noi!) o in questa società che obbliga ad uniformare le masse.
Parlo da persona non coinvolta personalmente ma da spettatrice.
Non vedo stimoli nei giovani d'oggi; la noia è tangibile e spesso viene annegata in bibite alcoliche miscelate nello stomaco.
E' vero che non bisogna fare di tutt'erba un fascio ma è altrettanto vero che è difficile la sopravvivenza per chi tenta di percorrere strade diverse in una panorama così dipinto.
Sono importanti le compagnie che si frequentano e l'equilibrio della persona che si forma proprio in quella fase critica della vita che è l'adolescenza.



Giò.
dueanime
00lunedì 21 febbraio 2005 09:58

Insomma, non è il buco che è cambiato, ma tutta la ciambella intorno.
Per un adolescente è molto difficile districarsi in questa complessità che continua a crescere in maniera esponenziale. Per un genitore anche.
Come diceva un tale che stimavo molto: "Ognuno fa quello che può. Poi la vita farà il resto".

Barbara
NightOfPlenilune
00domenica 27 febbraio 2005 17:52
Io ci lavoro con i giovani.
Io stessa lo sono - intendo dire semplicemente che ho un'età molto piu' vicina all'adolescenza che non alla maturità anagrafica - e vedo cose che spesso mi lasciano perplessa.
Ad esempio ragazzini di 5 o 6 anni con 100 euro fra le mani, il cellulare all'orecchio, niente salve o buongiorno o ciao e la parolaccia facile così mi ricordo com'ero io e le mie amiche.
Finchè ho avuto 8 anni non avevo una lira in tasca e se ce l'avevo era in estate per il gelato, in inverno per le caramelle gommose alla liquirizia, in autunno per le matite ed i quaderni nuovi e in primavera per comprare gli elastichini per i capelli. Pero' -è anche vero- che all'epoca lavorava solo mamma.
Sta comunque di fatto che nessuna di noi, anche coloro che potevano vantare una certa ricchezza, avevano un margine di discrezionalità simile sulla gestione del denaro.
Non c'era nessuna paghetta e tantomeno un regalo per la pagella esclusa la torta che mia madre cucinava per festeggiare.
E quando ho avuto dei soldi, oltre a quelli, c'è stato anche chi mi ha insegnato a gestirli.
Il cellulare?
Il mio primo l'ho avuto ai 18 anni.
I miei abiti?
Mi sono vestita da bambina sino all'adolesca poi ho avuto l'opportuniotà di scegliere ed ho scelto sentendomi un'adolescente e non una donna.
Io vedo ragazzine di 12 anni con i capelli dalle molteplici sfumature date dalle troppe tinture o il trucco pesante o le calze a rete con minigonna inguinale.
Per contro vedo il fenomeno opporto ovvero ragazzi e ragazze di 15 anni circa vestiti in modo infantile, timidi sino al timore, che non acquistano giochi se non quelli con un simbolo +3, simbolo che indica l'entità del contenuto - piu' l'età è alta piu' il contenuto è violento -.
Diciamocelo, c'è tanta confusione.
Se da un lato c'è troppa privazione per paura dall'altro ci sono figli lasciati in balia della società e genitori che concedono - a mio avviso - troppo nella convinzione che la mancanza di affetto si possa placare con un comportamento del tutto accondiscendente.
Mi è capitato di assistere ad una scena - come dissi a Flora - che mi lascio' perplessa.
Una cara amica che ha una figlia - all'epoca - tredicenne la porto' dal parrucchiere per farsi 'il colore'. a mia volta ero dal parrucchiere con Danilo.
La mia amica si raccomando' con la parrucchiera di non esagerare col biondo e sua figlia le disse - Non capisci un ca**o, ti ho detto che li voglio platino i capelli! Sei la solita deficiente. - la mia amica non le rispose e calo' il silenzio mentre la figlia si voltava sui suoi pantaloni con perizoma a vista. Tredici anni, niente rispetto.
L'altro giorno parlando con una ragazza che spesso viene a farmi visita abbiamo trattato l'argomento sesso. Prima volta sua? tredici anni, ubriaca nel bagno di un bar.
Oppure, un altro ragazzo che puo' solo guardare il disney channel e comprare giochi indicati per un pubblico 'bambino'.
E' difficile educare.
Mi diceva la mia vicina di negozio che suo figlio ha subito lo sfotto' dei compagni perchè a 10 anni non ha il cellulare e purtroppo ne ha sofferto finchè il padre stanco dei continui pianti gliel'ha regalato.
Oppure quante ragazze si ritrovano incinta senza sapere come?
Quante fanno sesso perchè 'La mia amica lo fa?'
Quali sono i valori odierni?
Ce ne sono ancora?
E soprattutto un genitore come si deve comportare ond'evitare che i propri figli imparino il rispetto, il senso della responsabilità senza che una certa disciplina possa indurre i coetanei ad usare la parola 'sfigato' perchè non conforme ai canoni?
Stamani ho seguito un servizio su Rai3 agghiacciante.
Ragazzi delle scuole medie che hanno definito i coetanei in base al loro abbigliamento, etichettandoli. E dal dibattito ne è emerso, nonostante la chiusa scenografica, che i giovani scelgono chi frequentare in base all'abbigliamento.
Troppa apparenza in tutto.
Troppa confusione.
Credo occorra avere le idee chiare ma non è facile mantenere fermezza una volta che queste vengono applicate al caso concreto.

Mi scuso per i troppi esempi ma - ammetto - prolissa è l'unica etichetta del tutto vera che mi si possa attribuire.
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 10:19.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com