[POL-IT] il dilemma del dialogo

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DarkWalker
00venerdì 2 aprile 2010 10:30
Questa volta non sarà come la devolution. Anche se Luciano Violante torna a minacciare il referendum, nel Pd sanno che questa volta c'è il fondato rischio di perdere. «Se il centro-destra vuole riformare la Costituzione da solo, le opposizioni avrebbero il diritto-dovere di ricorrere al referendum come hanno già fatto con esiti positivi. Noi siamo contrari all'elezione diretta del premier». Così diceva l'ex presidente della Camera ma nel partito sanno che la consultazione popolare non è più uno spauracchio per la maggioranza. Perché il presidenzialismo affiancato alla riduzione del numero parlamentari può diventare un tema assai popolare su cui Silvio Berlusconi può trovare il gradimento degli italiani rafforzando pure la sua leadership. Non è un caso che il premier abbia già cercato una sintonia diretta con gli elettori intervenendo su Facebook.
Il timore nel Pd è dunque che la consultazione possa stavolta trasformarsi in un flop a differenza di quello che accadde sulla devolution. Questo rende il terreno delle riforme istituzionali insidioso per l'opposizione che si rende conto di non poter rinunciare al dialogo, chiudersi nel fortino della bozza Violante e paventare la consultazione popolare. L'altolà di ieri di Pierluigi Bersani nasconde proprio queste preoccupazioni oltre quella di cadere nella trappola di un premier che invita al dialogo ma poi va dritto per la sua strada senza temere una battaglia politica sul referendum. «Non è Berlusconi a dover misurare la nostra disponibilità. Siamo noi – ha detto il leader Pd – che abbiamo verificato, dopo 50 decreti e 31 fiducie, la sua indisponibilità». Così il segretario rimanda la palla nel campo dell'avversario e rimette sul tavolo la bozza Violante e le riforme sul lavoro «che sono la nostra agenda e su queste materie la maggioranza non ce la meni con il dialogo o non dialogo», dice in modo sbrigativo.
I toni bruschi nascondono però anche l'altro timore: quello di aprire un fronte interno al partito che non ha ancora una proposta unitaria sulle riforme. Tutti ripetono il ritornello della bozza Violante – che mette insieme le varie anime – ma tutti sanno che oggi, alla luce del voto, non basta più. «È un punto di partenza, non di arrivo», diceva Matteo Orfini, dalemiano doc. Senza contare che una riforma della legge elettorale divide in due il partito. Da una parte ci sono i fans del sistema tedesco – dalemiani – dall'altra i veltroniani tifosi del maggioritario alla francese o Mattarellum. In mezzo c'è il segretario che sembra propendere per il Mattarellum anche se ha rinviato il confronto nel Pd alle prossime settimane. Sul presidenzialismo, inoltre, i veltroniani non hanno tabù mentre Rosy Bindi e una parte di ex popolari è contraria.
«Non possiamo rinunciare al confronto se è vero. La nostra posizione è per un rafforzamento dei poteri del premier ma non consideriamo che un presidenzialismo "occidentale", alla francese, sia un tabù. Del resto erano le conclusioni della Bicamerale di D'Alema», dice Giorgio Tonini, senatore vicino a Veltroni che spiega le ragioni del sì alla sfida delle riforme. «Dire no al dialogo ci porterebbe a subire le scelte della maggioranza con la debole minaccia del referendum. Se invece accettiamo il confronto possiamo cercare sponde nella Lega e in Gianfranco Fini. Con Bossi e Calderoli – spiega Tonini – abbiamo dialogato sul federalismo fiscale e quello è un buon modello. Con Fini condividiamo l'impostazione di un rafforzamento delle garanzie in un quadro istituzionale diverso».
Certo, il timore nel Pd è che con la sirena delle riforme il premier cavalchi le sue battaglie sulla giustizia. E anche le aperture del ministro Alfano sulle intercettazioni vengono respinte. «È un primo passo ma non basta – diceva Andrea Orlando, responsabile giustizia del Pd – perché togliere l'aggettivo "evidenti" agli indizi di colpevolezza per autorizzare le intercettazioni è solo rimuovere un non senso perché le intercettazioni a quel punto non servirebbero. Noi restiamo dell'idea di autorizzazioni libere ma con un filtro rigido nell'uso processuale».
Malduin
00sabato 3 aprile 2010 10:27
a Luciano Violante non piace più la "Bozza Violante"?

Il presidenzialismo alla Francese aiuterebbe un sacco il PD (e di questi tempi anche il PDL...che sta raggiungendo il PD quanto a consensi).

L'unica cosa che non mi piace molto è la "nomina" del Senato tramite i consigli regionali che, in questo modo, rischia di diventare un parcheggio per parenti, amanti e servi....o al più rappresentanza di una classe politica autoreferenziale. Preferirei di gran lunga votarli su collegi uninominali.

In ogni caso SPERO vivamente in una collaborazione del PD, anche perché sennò finisce che passerà una riforma costituzionale scritta da Caldeiroli.
-Giona-
00lunedì 5 aprile 2010 15:43
Re:
Malduin, 03/04/2010 10.27:



L'unica cosa che non mi piace molto è la "nomina" del Senato tramite i consigli regionali che, in questo modo, rischia di diventare un parcheggio per parenti, amanti e servi....o al più rappresentanza di una classe politica autoreferenziale. Preferirei di gran lunga votarli su collegi uninominali.



Al contrario, per me questo sarebbe il VERO Senato Federale, mica come la proposta della riforma bocciata del 2006 (la parte del Senato federale, che di federale aveva solo il nome, era proprio quella che mi piaceva di meno di tutta la riforma).
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